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Armando Palmieri: l’Arte a forma di Dolce

Armando Palmieri: l’Arte a forma di Dolce

Armando Palmieri, 33 anni, si definisce “Napoletano con la N maiuscola” perché è orgoglioso di esportare la pasticceria italiana e napoletana, quella della tradizione, all’estero. Laureatosi con il massimo dei voti Conservatore d’Arte, dopo aver vinto il concorso a tempo indeterminato per la Soprintendenza dei Beni Culturali nel 2003, dopo neanche un anno di lavoro come “colletto bianco” decide di seguire la sua passione. Il bianco che sogna è quello della divisa da Chef e con la farina “vuole sporcarsi le mani”.

Si iscrive così a una scuola di cucina dove conosce e instaura un ottimo rapporto con lo Chef Igles Corelli; diplomatosi, inizia a lavorare nei ristoranti della Costiera Amalfitana e capisce subito che la sua ambizione è per l’alta pasticceria piuttosto che per la cucina. Un’ulteriore conferma del proprio potenziale Armando l’acquisisce con l’incontro e la collaborazione con lo Chef Maurizio Santin, che gli consiglia di frequentare dei corsi professionali di pasticceria, perché “non ci si può improvvisare pasticceri ma bisogna partire dall’A, B, C”.

barbieri palmieriDopo aver terminato gli studi, Armando lavora per la scuola di cucina “Mise en Place di Napoli“, dove fa da assistente a grandi Chef pasticceri come il Maestro Giuseppe Giuliano, lo stesso Maurizio Santin e Luca Montersino. Nel 2008-2009 lavora come stagista in Olanda, Belgio, Scozia e in Francia nella famosa pasticceria Fauchon. L’anno successivo, tornato in Italia, lavora come pasticcere presso “Percorsi di Gusto” di Marzia Buzzanca a L’Aquila, inizia a organizzare anche corsi di pasticceria amatoriale. Viene quindi contattato dal pluristellato Chef Bruno Barbieri che gli offre la possibilità di diventare il Capo Pasticcere del COTIDIE a Londra. Armando trascorrerà nella città circa due anni, diventando anche responsabile di un laboratorio di produzione a Chelsea e consulente pasticcere per diversi ristoranti in zona Myfair.

Attualmente è consulente di pasticceria per Stati Uniti e Canada presso catene di ristoranti italiani e per la catena alberghiera “One Asia” a Taipei (Taiwan) ed è inviato estero per la rivista Pasticceria Internazionale. E’ inoltre docente all’Università di Hong Kong e all’Università Hung Kuang di Taichung presso i dipartimenti di scienze culinarie, storia, teoria e pratica della Pasticceria Europea.

L’abbiamo intervistato per voi.

Cosa significa per lei fare il pasticcere?
Significa tradurre in gusto, forma e colore, ciò che ti passa per la mente, quando penso a un dolce, parto sempre da uno schizzo, un disegno e cerco di immaginare i gusti prima ancora di metterli insieme. Poi c’è l’aspetto cromatico, spesso sottovalutato, ma che per me ha un valore aggiunto. Credo inoltre che è possibile, esercitando la mia professione, regalare un momento di piacere gustativo “dolce e sensuale” molto intensodolci

Qual è il suo dolce preferito?
Facile: il babà! Per noi partenopei è una sorta di marchio di fabbrica, una questione di cuore e per me non può essere altrimenti. L’ho sempre proposto ai miei clienti, in particolare all’estero, con in Inghilterra, Francia, in Oriente e Canada, tutti Paesi dove ho avuto la possibilità di lavorare

Secondo lei per fare il definitivo salto di qualità di cosa avrebbe bisogno oggi la pasticceria italiana?
La pasticceria italiana ha raggiunto un elevato livello qualitativo, in competizione con il resto del mondo. Quello che a mio avviso manca per consacrarci in vetta, è la coesione o un punto d’incontro tra colleghi. Penso che siamo ancora lontani dall’essere una squadra a tutti gli effetti; è vero che si sta facendo molto, ma bisogna continuare su questa strada. L’unione fa la forza e quando raggiungeremo un punto di coesione forte, credo che poi non ce ne sarà più per nessuno (non me ne vogliano gli amici francesi…)

Pasticceria e Cake Design cosa ne pensa?
Secondo me la torta perfetta deve rispecchiare i requisiti estetici, ma anche il gusto, altrimenti che dolce è?! Per questo credo che il Cake Design si debba avvalere anche delle tecniche di pasticceria. All’ultimo Sigep (Salone Internazionale della Gelateria e Pasticceria),dove ho ricoperto il ruolo di giudice della Coppa Italiana di Cake Design, ho assaggiato delle torte che a livello estetico erano ineccepibili, ma al palato decisamente non all’altezza, mentre sono state premiate altre che hanno rispettato tutti i canoni.

Qual è il dolce che le piace fare di più?
Be’ oltre al già citato babà, ammetto che la cioccolateria mi affascina parecchio. Amo tutti i dolci che contengono cioccolato; mi piace sentirne l’odore, assaggiarli e gustarne il sapore, ammirare le loro qualità visive e le decorazioni che vengono fatte utilizzando il cioccolato.

Quando penso alla pasticceria, ovviamente mi viene in mente subito la parola dolce, ma spesso anche il salato fa la sua parte. Lei come la pensa?
Il salato è una delle sensazione che, attraverso la lingua, percepisce di più il nostro organismo. Ultimamente vanno molto di moda “le rotture” delle barriere tra dolce e salato e questo è un sintomo di quanto sta accadendo nel mondo della pasticceria. Per completare i nostri sensi, mi piace mettere nelle mie creazioni un tocco di salato, ovviamente in quelli che penso ci stia bene. Ma attenzione… se un tiramisù è tiramisù, col salato c’entra ben poco!

Camilla Rocca

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