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Arrivano le etichette “mute”

Arrivano le etichette “mute”

Il 13 dicembre 2014 è entrato in vigore il nuovo Regolamento Ue n.1169/2011 sulla nuova etichettatura dei cibi (ne abbiamo parlato nell’articolo “Nuovo Regolamento Europeo sulle etichette alimentari: da dicembre si cambia” nel quale sono previste delle novità per quanto riguarda l’obbligo d’inserimento per le aziende produttrici delle nuove informazioni alimentari da riportare su tutti i cibi, che consentirà di proteggere ulteriormente la salute del consumatore e soprattutto permettergli di fare una scelta consapevole all’atto dell’acquisto.

Fin qui tutto bene e grazie al Legislatore per queste nuove norme.

Quello che mi pare strano, anzi non accetto, e parlo da consumatore innanzitutto, è che nella nuova normativa “sparisca l’obbligo di indicare in confezione lo stabilimento di produzione” Si, avete capito bene.

Facciamo un esempio pratico. Fino al 12 dicembre 2014, acquistando ad esempio una confezione di prosciutto crudo, potevo leggere in etichetta dove e da chi il prodotto da me scelto fosse stato prodotto ad esempio per l’ipermercato. Ora può, il condizionale è d’obbligo, essere riportato solo il responsabile legale del marchio, e può essere omesso lo stabilimento o azienda che produce, in questo caso, il prosciutto per lo stesso supermercato.

Per capire meglio di cosa si tratta vi basti sapere che una sede legale potrebbe allo stesso indirizzo e numero civico rappresentare legalmente marchi e prodotti creati in stabilimenti diversi, anche fuori dei confini italiani.

Essendo adesso l’indicazione della fabbrica facoltativa, è possibile che le grandi multinazionali europee della fornitura alimentare, non più obbligate a fornire questa informazione e quindi non punibili con alcuna multa, tendenzialmente potrebbero eliminarla dai prodotti in commercio, come purtroppo sta già accadendo. Sono pertanto nate le cosiddette etichette “mute”, che non ci permettono di capire chi e dove viene prodotto il genere alimentare da noi acquistato.

firmalapetizioneI segnali non si può dire che già da tempo non fossero già stati colti. Se ne è occupato Raffaele Borgna, fondatore di “ioleggoletichetta.it”, sito web creato con il preciso scopo di comparare le etichette e aiutare i consumatori a risparmiare sulla spesa. Vi invito a collegarvi al sito e a leggere i molti suggerimenti su come evitare di farvi truffare e potrete firmare la petizione che eviti di eliminare la stabilimento di produzione dall’etichetta degli alimenti in commercio.

Quello che vorrei sottolineare, è come il nostro Paese sia spesso danneggiato da norme che ledono la qualità e la tutela del prodotto italiano. Non possiamo dimenticare, quanti prodotti alimentari “sembrano” italiani e non lo sono, con un danno quantificato in miliardi di euro per la nostra economia (un paese in Cina è stato chiamato “Parma” e da qui il Prosciutto di Parma cinese!!!! Per fortuna è intervenuta la nostra Ambasciata e comunque il Consorzio a Tutela del Prosciutto di Parma DOP ha avuto il suo bel da fare).

Per rappresentare la nostra qualità in Paesi comunitari circolano prodotti con il tricolore in etichetta ma non italiani, nomi che ricordano il nostro pregiato Parmigiano Reggiano DOP e non lo sono e si potrebbe continuare ancora con molti esempi.

Spero che questa normativa che permette di evitare di tracciare una sorta di “filiera” del prodotto alimentare partendo dallo stabilimento di produzione non venga applicata e si continui a scrivere, a tutela del consumatore, da dove arriva. Del resto… perché prima che c’era l’obbligo si e adesso no? E’ un contro senso… o c’è dell’altro?

C’è solo un modo che il consumatore può utilizzare per far capire alle grandi multinazionali alimentari che non accetta un eventuale nuovo sistema di etichettatura: non acquistarlo più!

Ennio Baccianella

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