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Chianti Classico: un gallo che canta a gran voce

Chianti Classico: un gallo che canta a gran voce

Lo capisci subito, la coda “ritta”, il petto in fuori, il becco aperto per cantare al cielo. E’ un gallo fiero, non solo di essere stato, così racconta la leggenda, l’arbitro per la definizione dei confini tra Siena e Firenze, ma anche di rappresentare un vino, il Chianti Classico, ricco di storia e un Consorzio che nell’arco dei secoli ha tutelato e protetto la sua qualità e tipicità.

7000 ha di vigne che si estendono su una superficie delimitata dai Monti del Chianti, dai fiumi Pesa, Elsa e Greve e a sud delle sorgenti dell’Arbia e dell’Ombrone, un quadrilatero di bellezze paesaggistiche ed architettoniche conosciuto in tutto il mondo. I comuni di Radda, Gaiole, Castellina e in parte quello di Greve rappresentano il cuore più antico della docg.

foto chianti

Sono le vigne che già nel 1716 Cosimo III de Medici aveva già individuato nel suo Bando Sopra la Dichiarazione dé Confini delle quattro Regioni Chianti, Pomino, Carmignano, e Val d’Arno di Sopra come fonte per il vino denominato Chianti. Il Granduca non si limitò a definire la zona di produzione ( facendo del Chianti la prima zona vinicola al mondo ad essere definita nei confini) ma istituì anche un organismo che vigilava, proteggeva dalle frodi, curava la commercializzazione.

Il moderno Consorzio (che rappresenta oggi il 95% dell’intera denominazione) nasce invece nel 1924 ad opera di 33 produttori che si prefiggono l’obiettivo di tutelare il vino e di promuovere il territorio e che scelgono il Gallo nero, simbolo dell’antica Lega del Chianti, come proprio marchio. Nell’arco dei secoli, i primordiali confini si sono ampliati ed hanno inglobato parte dei comuni di Tavernelle Val di Pesa, San Casciano, Barberino Val d’Elsa e Castelnuovo Berardenga e Poggibonsi. Inglobato nella Doc Chianti prima e nel 1984 nella Docg Chianti solo nel 1996 il Chianti Classico è riuscito ad avere una propria denominazione che riconosce finalmente i caratteri fortemente distintivi, unici e storici di questo lembo di Toscana.

Il disciplinare oltre a definire i confini detta le regole di produzione, vinificazione e le caratteristiche dei vini. Le forme di allevamento permesse sono quelle tradizionali: guyot, archetto toscano (una variante del primo) e in questi ultimi anni cordone speronato. I terreni, che non possono essere situati ad altezze superiori ai 700 m, devono essere costituiti prevalentemente da substrati arenacei, calcareo marnosi, da scisti argillosi, da sabbie e ciottolami.  La gradazione alcolica minima di 12 gradi sale a 12.5 per la Riserva g/l a fronte di una resa massima di uva per ettaro di 75 q (pari a 52,5 hl di vino per ettaro). L’Annata può essere messa in commercio dal 1° ottobre successivo alla vendemmia mentre la Riserva ha un invecchiamento minimo obbligatorio di 24 mesi (di cui almeno 3 in bottiglia).

Numeri e procedure che sono alla base della costante ricerca di qualità che caratterizza il lavoro del Consorzio e che è sfociata nella nascita della Gran Selezione, la nuova tipologia di Chianti Classico che rappresenta, nella severità delle regole di produzione, nell’uso esclusivo delle uve dell’azienda provenienti dalle vigne più vocate e nei tempi di invecchiamento (almeno 30 mesi), l’apice della qualità e dell’eccellenza. Un cammino difficile e impegnativo quello scelto dai produttori che riavvicina ancora di più il lavoro in vigna e in cantina e che riporta il fare e il bere vino ai suoi tempi naturali.

chiantiOggi sono 600 i soci che aderiscono al consorzio e che già scegliendo di utilizzare il Sangiovese in purezza o di produrre i loro vini utilizzando un uvaggio (che può prevedere vitigni autoctoni come il Canaiolo e Colorino e/o internazionali come Merlot e Cabernet per un massimo del 20%) riescono ad imprimere peculiarità ai loro vini. E’ però la natura dei suoli che dà un contributo fondamentale alle diverse qualità organolettiche e aromatiche di questo straordinario prodotto. Il Sangiovese, vitigno esigente in vigna ed in cantina, è capace di donare sfumature olfattive uniche al vino in base al terreno in cui viene coltivato: l’arenaria esprime un bouquet floreale (di iris o mammola), il calcare quello di piccoli frutti, il tufo di tabacco.

Profumi che con l’invecchiamento si amplificano e si arricchiscono di terziari evoluti tra i quali le spezie mentre il colore vira dal rubino verso il granato, i tannini si ammorbidiscono e l’acidità si stempera. Il risultato è un vino elegante ma strutturato che presenta una grande complessità olfattiva e un notevole equilibrio.

Ma che cosa accomuna, oltre al disciplinare, questi i vini ? Che cosa, nelle loro diverse peculiarità e caratteristiche, li rende stessa espressione di un territorio?

Penso di poter affermare che non è solo quello che è nel bicchiere. Una lunga storia unisce i popoli che qui, per millenni, hanno vissuto in pace e lottato in memorabili e cruente guerre mentre i terreni hanno lavorato in sinergia per creare un sistema vitigno\suolo impossibile da imitare.

Ora non ci resta che versare il nostro Chianti Classico in un bicchiere.

Sceglietene uno ampio per poter godere appieno della sua luce e del suo colore. Annusate i suoi profumi, gustatelo con calma cercando di afferrare ogni sfumatura ed infine, se vi va, soffermatevi a pensare che state entrando in una storia ed in un territorio unico al mondo.

Maria Miseferi

 

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