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In Vallagarina tra vigne e castelli alla scoperta del magico Trentino

In Vallagarina tra vigne e castelli alla scoperta del magico Trentino

Mi succede ogni anno da quando sono bambina… arrivo a Rovereto e quando vedo le pergole trentine, mi spunta un sorriso. Mi riapproprio, guardando dal finestrino, dei paesaggi, dei castelli, delle colline che, colpite dall’ultima luce del giorno, sembrano di velluto, della forza delle montagne.

Il Trentino non solo è una meraviglia, uno scrigno di bellezze che riconciliano l’uomo con la natura e con sé stesso ma, insieme all’Alto Adige, al Friuli e al Veneto, è terra di molti dei migliori vini d’Italia. Bianchi che hanno dentro la luce cristallina delle sue acque e i profumi dei fiori e delle erbe di montagna, rossi eleganti che esprimono una grande tipicità.

La viticoltura qui non è cosa recente… nasce 3000 anni fa ad opera degli Illiri, che giunsero dopo il loro sbarco in Liguria, ma furono gli Etruschi a portare le prime tecniche vinicole e durante l’epoca Romana il vino Retico era già conosciuto e apprezzato come testimoniano molti scrittori latini. La viticoltura diventa così importante da essere menzionata in leggi che ne regolamentano le varie fasi. Così l’articolo 5 dell’Editto di Rotari è dedicato alla tutela dei vigneti e nel Capitularis del Villis di Carlo Magno vengono date indicazioni sulla viticoltura e la produzione del vino e viene fatto divieto di pestare l’uva con i piedi.

Nel Medioevo furono i monaci che portarono avanti e dettero impulso alla viticoltura. Nel 1100 comparvero le prime regole vendemmiali e un secolo dopo, nello Statuto di Trento, venne sancito il divieto di importazione del vino dalle zone circostanti. Nel 1200 i vigneti vengono infeudati nei castelli. In questo periodo non si ritrovano i nomi dei vitigni. Si parla di Vino de monte (vini bianchi alcolici) e Vino de piano (vini rossi) ma si menzionano, sempre più spesso, i Vini de Sclava.

Negli anni successivi all’arrivo della peste, che spopolò le campagne e causò un importante calo demografico, si assiste alla decadenza della viticoltura italiana e all’adozione di varietà importate come Greci, Malvasie e Moscati che giunsero anche in queste terre. Le prime opere di agronomia, pubblicate nel 1400, riportano informazioni sui vitigni della provincia e dettagliate notizie su Teroldego e Marzemino. Alcuni secoli dopo, una grande gelata devastò queste terre e costrinse a sostituire i vecchi vitigni che furono rimpiazzati da quelli più produttivi e resistenti alle gelate primaverili.

L’800 fu un secolo difficile: le devastazioni napoleoniche e le inondazioni dell’Adige crearono non poche difficoltà ai viticoltori trentini. E’ in questo periodo però che iniziano a sorgere le cantine sociali che evitano la parcellizzazione della produzione e che viene fondato l’Istituto Agrario di San Michele. Il ‘900 fu caratterizzato dall’arrivo dell’oidio (che colpì prevalentemente la Schiava), della fillossera e della peronospera che attaccò Teroldego, Merlot e Lagrein.

E’ solo dopo la seconda guerra mondiale che risorge, partendo da zero, la viticoltura trentina. Si decide di abbandonare le zone meno vocate, di concentrare gli sforzi sui vitigni di valore e di costituire il Comitato vitivinicolo che dà a Rebo Rigotti il compito di tracciare la nuova Carta viticola. Il grande genetista di Padergnone suddivide la provincia in zone vinicole e attraverso precisi parametri (località, vitigni, sistema di allevamento, densità di impianto, trattamenti, potatura, terreno, clima, produzione per ettaro…) disegna le cartine, per ogni Comune, sulle quali verrà riprogettata la nuova viticoltura provinciale. Da questi presupposti che nasce la moderna realtà vitivinicola trentina che esprime eccellenza qualitativa in vigna e in cantina, attraverso progetti che associano l’innovazione tecnologica a un forte senso della tradizione e ad un rispetto assoluto per il territorio. E’ la condivisione di questa prospettiva che ha permesso il sorgere di numerose cantine cooperative che riescono a creare prodotti di grandissima qualità.

Ma il mio viaggio continua… entro in Vallagarina.

In poco più di 30 km, tanta è la distanza che separa Avio da Besenello, la valle si estende in un susseguirsi di vigne, ordinate e bellissime, che si inerpicano da fondovalle fino ai crinali della montagna, di piccoli borghi e di castelli… tanti castelli.  Sono proprio loro a caratterizzare questo territorio. Castel Beseno, con la sua doppia cinta muraria sovrasta tutta la valle. Dalle sue alte mura bianche, le sentinelle tenevano d’occhio l’accesso a nord e controllavano i movimenti di popoli e merci.  La stessa funzione aveva a sud il Castello di Sabbionaria d’Avio, ma se proprio siete patiti di antiche costruzioni non potete non andare a visitare Castel Pietra, Castel Nomi, Castel Noarna… l’elenco potrebbe continuare.

Questa è la terra del Marzemino che dall’antichità ha stretto un legame fortissimo con la terra che lo produce, con la sua storia, le sue genti. Il vino che nasce da questo connubio è gentile, come le popolazioni che qui vivono, intimo e quieto come la luce di questa valle.

marzeminoLa sua storia si perde nei millenni. Il mito racconta che furono Diomede e Antenore, eroi troiani, partiti da Merzifon, a portare in queste terre il vitigno da cui si traeva un vino profumato: il Marzemino.

In realtà il vitigno arrivò nel XVI secolo durante la dominazione veneziana e in Vallagarina trovò le condizioni ottimali per la sua coltivazione. Quale sia l’origine del suo nome non si sa. Forse è derivato dal nome di una località siciliana, Marzameni o da Marzemin città che una volta si trovava tra Carinzia e Slovenia

Quello che è certo è che un tempo con questo nome si identificavano uve anche molto differenti tra loro. Quello più noto era originario del Veneto e da qui si diffuse in Trentino, Friuli, Lombardia ed Emilia. E’ un vitigno che ha un’ampia variabilità fenotopica dovuta alla sua grande diffusione, tanto che già nel 1825 l’Acerbi ne nominava 8 biotipi che attualmente vengono raccolti in 2 gruppi: il Marzemino gentile o comune e il Marzemino padovano o Marzemina che si distinguono per il rachide (legnoso o erbaceo), per la maggiore o minore croccantezza della bacca e spessore dell’epidermide e per la presenza o assenza di tomento nella pagina inferiore della foglia.

E’ facile pensare, degustando questo vino, che possa essere un vitigno semplice da vinificare ma vi assicuro che è un’impressione errata. Il Marzemino è uva delicata con caratteristiche che costringono ad un attentissimo lavoro in vigna e in cantina. Le uve presentano una acidità totale limitata (che può rendere difficile la gestione microbiologica del vino), poco tartarico che si abbassa dopo la raccolta e diminuisce ulteriormente dopo la fermentazione malolattica. Anche l’azoto assimilabile diminuisce con l’avvicinarsi della vendemmia. Se l’uva surmatura si può inoltre presentare una subepidermica di botrite che può causare rallentamenti della fermentazione e produzione di note solforose dovute alla scarsezza di materiale nutritivo per i lieviti.

Anche con gli antociani estraibili c’è qualche “inghippo”. E’ vero che aumentano con la maturazione, ma il massimo della loro concentrazione difficilmente coincide con la vendemmia. Per fortuna la loro concentrazione è alta (circa 1300 mg/kg ) e solo Teroldego, Lagrein e Enantio ne posseggono quantità maggiore. I tannini sono medio bassi a lenta estraibilità, a peso molecolare abbastanza elevato e con indice di condensazione alto.

Il contenuto tannico del vino è medio e questo rende il Marzemino vino da pronta bevibilità e morbidezza, mentre la concentrazione alta in antociani permette, anche nelle annate non ottimali, una buona colorazione. La presenza prevalente di malvidina, tra le antocianine, dona le belle sfumature blu e violacee che caratterizzano questo meraviglioso vino. In realtà non si dovrebbe parlare di Marzemino ma di Marzemini. La Valle infatti presenta differenti tipi di terreno. Così troviamo suoli basaltici ad Isera, calcarei in bassa Vallagarina, alluvionali a base calcarea sulle sponde dell’Adige che creano vini differenti: morbidi ed eleganti a Isera diventano più corposi e più fruttati, ma anche un po’ meno gentili ed equilibrati sui terreni posti sulla sinistra orografica del fiume.  La Zona di Isera fornisce inoltre uve con un contenuto ancora maggiore in tannini ed antociani e quindi vini con colore più intenso e vivace che si mantiene, seppure con attenuazione della nuance, anche nell’arco degli anni.

de tarzcalIl vitigno impiegato in Vallagarina è il Marzemino gentile che vinificato in macerazione corta, crea vini di colore rosso rubino brillante tendente al violaceo, che profuma di fiori (spesso viola mammola) e frutti di bosco. Eleganza non invadente, è un vino colloquiale che non impegna e che invita a trascorrere una piacevole serata con gli amici davanti al fuoco.  Ne ho degustati molti di Marzemini ma due mi hanno conquistato per le loro qualità e per il progetto che condividono: il Trentino Superiore Marzemino di Isera De Tarczal e il Marzemino Superiore Vignetti della Cantina di Isera. Parlando della cantina di Ruggero De Tarczal non si può fare altro che togliersi il cappello. Nata nel 1880 non ha mai smesso di regalarci vini meravigliosi che sono espressione sincera e pura del territorio che li genera. Adoro il loro Marzemino superiore, il bel colore rosso rubino, i profumi intensi ed eleganti di frutti rossi (soprattutto lamponi), accompagnati da delicate note floreali. In bocca si avvertono subito la giusta acidità, i tannini morbidi, il buon corpo, un insieme che crea una piacevole sensazione di equilibrio.

cantina-iseraLa stessa mano sapiente si avverte nel Marzemino Vignetti nato dall’unione delle esperienze tra De Tarczal e Cantina di Isera nel quale ritroviamo, in tono un po’ minore, le caratteristiche del primo vino. Il colore è rubino intenso, i profumi di buona intensità e persistenza (anche qui fruttati e floreali ) che vengono esaltati dall’uso dell’acciaio. In bocca ha buon equilibrio, grande tipicità e un finale ammandorlato. Sono entrambi vini che ti invitano ad un nuovo bicchiere e che accompagnano stupendamente la cucina trentina.

Se volete andare a visitare questa bella valle potete percorrere la Strada dei Vini e dei Sapori e poi, dopo esservi persi nella grandiosità dei suoi castelli e dei suoi borghi pieni di storia e di magia, andare a fare un salto alla Casa del vino a Isera. Qui troverete una selezione di vini (ma non solo!) dell’intera provincia.  Prendete un bel calice di Marzemino, una fetta di pane profumata e una fetta di Vezzena. Cercatevi un posto in alto da dove ammirare la valle e gustatevi un attimo di bellezza.

Maria Miseferi
mary_mimmi@yahoo.it

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