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Intraprendere la via dell’esportazione agroalimentare. Da Francesca Camerlengo di Strive una serie di utili consigli

Intraprendere la via dell’esportazione agroalimentare. Da Francesca Camerlengo di Strive una serie di utili consigli

In Italia il settore agroalimentare è di altissima qualità, normative specifiche di settore ne garantiscono la sicurezza in tutta la fase di lavorazione, qualità che ci viene riconosciuta da tutto il mondo. L’esportazione è un elemento importante per la nostra economia, ma purtroppo i nostri produttori subiscono dei danni per via della contraffazione. Spesso si abusa del marchio Made in Italy e gli imprenditori esteri sono davvero fantasiosi basti pensare al Parmesan prodotto in Wisconsin o in California che secondo una stima della Coldiretti il danno causato nel 2014 ammonterebbe a 60 miliardi di euro.

Il nostro paese è ricco di piccole medie imprese, a gestione quasi familiare, le quali non hanno una struttura di vendita propria ed hanno problemi ad inserire i loro prodotti nei nuovi mercati. La Strive, società di marketing internazionale gestita da giovani italiani a Dublino, ha come obiettivo la promozione del Made Italy all’estero; in particolare si occupa della promozione dei prodotti italiani non solo in Irlanda ma anche nei paesi Baltici e scandinavi. Abbiamo deciso di chiedere a Francesca Camerlengo, social media specialist della Strive, qualche informazione in più.

Ci parla della società per cui lavora?
La Strive International Consulting Ltd è una società di marketing internazionale con sede a Dublino, Vilnius e Tallinn, la cui mission è valorizzare e diffondere, nei paesi in cui è presente, le eccellenze italiane (in campo agroalimentare ma anche nel campo della cosmesi, della moda, del design ecc..). Forniamo consulenza a chi vuole espandere la propria attività all’estero ed intraprendere un percorso di internazionalizzazione. La cosa a cui teniamo di più è lavorare mettendo in evidenza le caratteristiche uniche ed insostituibili dei prodotti italiani, sia dal punto di vista qualitativo sia dal punto di vista del background storico, culturale, tradizionale, familiare che esiste dietro ogni prodotto Made in Italy. Sono queste, infatti, le caratteristiche che distinguono un prodotto 100% italiano da un qualunque altro prodotto simile ma “Made in…qualunque altro posto del mondo”. E su queste peculiarità l’Italia deve puntare perché rappresentano la nostra “italianità” e sono il nostro vero punto distintivo all’estero.
In che cosa consiste il vostro lavoro?
La Strive si occupa di promozione e valorizzazione del Made in Italy, in particolare nel Baltico (Lituania, Estonia e Lettonia), nei paesi scandinavi e in Irlanda. Si tratta però di una promozione mirata a chi successivamente acquisterà i prodotti, cioè importatori specializzati, distributori e buyer di diverse categorie. In pratica mettiamo in contatto le aziende agroalimentari italiane con i principali importatori/buyer esteri del settore.

Per quanto riguarda il settore “food & beverage”, l’iniziativa che solitamente riscuote successo è quella del BtoB (#B2BLithuania #B2BEstonia ecc…) con più aziende italiane ovvero incontri diretti tra aziende italiane e importatori e buyer specializzati, durante i quali l’azienda si presenta e fa conoscere i propri prodotti (che possono essere cucinati secondo ricette della tradizione regionale e valorizzati con i migliori abbinamenti ) attraverso tasting mirati. In quella sede l’imprenditore può già iniziare le prime trattative commerciali e, nel caso, stringere anche accordi commerciali.  Altra iniziativa di successo sono le Missioni Commerciali o Business Trip (#acasadeibuyer): in pratica strutturiamo per l’imprenditore un’agenda di incontri diretti presso le sedi degli importatori stessi con presentazione di prodotto e materiale di comunicazione.

Il meccanismo mira a far incontrare direttamente l’imprenditore italiano con la controparte estera presso la sede della seconda. Il principale vantaggio è che l’operatore straniero è ben predisposto a tali incontri in quanto decide discrezionalmente la data e l’orario di incontro in base ai suoi impegni, non si deve spostare dalla sua sede operativa e, soprattutto, incontrando l’imprenditore italiano presso i propri uffici, dimostra un concreto interesse e disponibilità ad avviare trattative commerciali.
Inoltre, organizziamo anche Tasting mirati a tema (#tastingitaly) a buyer e consumatori finali presso wine bar, vinoteche e ristoranti interessati ai prodotti italiani. Questi elencati sono progetti da realizzare all’estero.

In Italia, invece, organizziamo Progetti di incoming di buyer esteri in Italia (#acasadelleaziende): portiamo delegazioni di importatori in visita alle aziende italiane. Sono momenti di grande importanza perché il buyer entra direttamente in azienda e scopre l’origine delle materie prime, i processi produttivi, le tecniche di coltivazione, i territori, la tradizione familiare, insomma…tutti i “behind the scenes” di un prodotto finito. Si tratta di progetti ad alto valore aggiunto in quanto lasciano al buyer un ricordo indelebile basato su un’esperienza emozionale unica. Per quanto riguarda le tipologie di buyer, gli operatori che partecipano ai nostri incontri fanno parte sia del canale Ho.Re.Ca che della GDO: in base ai prodotti da presentare, di volta in volta invitiamo Manager di Ristoranti, Importatori Specializzati, Head Chef, Hotel & Spa, Floor Manager, Distributori Specializzati, Titolari di negozi gourmet, Ristoranti italiani, Titolari di take away, Wine shop, Delicatessen Shop, Negozi off-licence, Catene di supermercati, Scuole di cucina.

L’imprenditore cosa ottiene da questi incontri?
Queste iniziative rappresentano una grande opportunità per gli imprenditori italiani che vi partecipano perché entrano in contatto diretto con importatori che sono proprio alla ricerca di nuovi prodotti italiani da inserire nelle loro referenze. Inoltre, gli operatori economici vengono selezionati dal nostro staff in base ai prodotti della azienda cliente e alle sue esigenze specifiche, così da incontrare solo buyer referenziati e interessati. Statisticamente, circa il 50% delle aziende che partecipa ottiene ordini commerciali o inizia una trattativa commerciale con gli importatori.
Quali sono i prodotti più ricercati?
Non c’è una regola precisa. Ogni paese estero ha le sue preferenze, maturate negli anni anche in base al tipo di promozione e di messaggio che è stato diffuso. Alcuni prodotti, ad esempio, non sono proprio conosciuti perché non è stata fatta un adeguata formazione. Troppo spesso però all’estero si conosce l’Italia solo a grandi linee: pasta, pizza, vino. Ma l’Italia agroalimentare è molto più vasta e variegata, ogni regione ha le sue tipicità, un vino del Piemonte è molto diverso da un vino siciliano, la pasta di grano duro ha un sapore diverso dalla pasta all’uovo e da quella trafilata al bronzo, il prosciutto crudo non è lo speck. E potrei continuare all’infinito. Ecco perché la promozione e la diffusione della conoscenza gioca un ruolo determinante in un processo di export, difficilmente qualcuno è disposto a comprare un prodotto che non conosce e che non ha mai provato. Detto ciò, è facile intuire come per molti anni i prodotti più ricercati siano stati i soliti nomi ma di recente le cose stanno cambiando. I paesi in cui lavoriamo stanno vivendo un periodo di forte crescita economica e i consumatori hanno maggiore consapevolezza dei prodotti Made in Italy e, grazie ad un più alto potere d’acquisto, sono disposti a pagare anche un prezzo più alto per portare a casa le vere eccellenze italiane. E gli importatori conoscono bene questo trend.

Ma non bisogna abbassare la guardia, l’Italian Sounding è sempre in agguato. Ad ogni modo, ogni prodotto può giocarsi le sue chance. Chiaramente esportare birre in Irlanda – da sempre patria della birra – può essere un progetto ambizioso. Mentre negli ultimi anni le nostre birre artigianali stanno riscuotendo enorme successo nel Baltico, specialmente in Lituania, così come il vino. D’altro canto in Irlanda, prodotti come la pasta e i sughi pronti hanno grandi opportunità in quanto l’irlandese medio non ama passare tanto tempo in cucina e predilige prodotti di rapido uso. Oppure in Finlandia, per esempio, amano notevolmente il caffè italiano. Sono infatti i principali consumatori in Europa. Ma sono solo esempi, bisogna sempre verificare l’apprezzamento sul campo attraverso i tasting diretti.

Qual è la vostra tipologia di clientela?
Lavoriamo per chiunque abbia interesse ad ampliare il proprio business in Irlanda, Paesi Baltici e Scandinavi. Dunque sia per aziende e professionisti che per enti pubblici e associazioni di categoria. Per quanto riguarda l’agroalimentare, di solito sono le PMI a rivolgersi a noi per avere un supporto all’export, aziende agricole di dimensioni medio piccole che da sole avrebbero difficoltà ad intercettare i contatti giusti.

Ad un imprenditore che volesse intraprendere la strada dell’esportazione cosa consiglia?
Innanzitutto di strutturare meglio l’azienda. A volte manca proprio l’ABC, come un sito web o una brochure tradotti in inglese, etichette che non si scollino, confezioni che non si aprano durante la spedizione e cose di questo genere. Può sembrare superfluo parlarne all’epoca dell’ “export 2.0” ma ancora vedo con i miei occhi disastri di questo tipo. Una volta fatto ciò, bisogna entrare nella consapevolezza che non saranno gli importatori a trovarci. Certo, il “colpo di fortuna” può capitare e così un buyer ci trova sul web, ci contatta e chiudiamo un ordine commerciale ma per strutturare un processo di export solido e duraturo bisogna investire (non solo risorse finanziarie ma soprattutto tempo) ed essere sempre sul pezzo. Non basta partecipare oggi a qualche evento internazionale e scomparire poi per mesi. Bisogna selezionare bene le iniziative a cui partecipare (purtroppo truffe e personaggi poco seri esistono e proliferano anche in questo campo) e concentrare gli investimenti su quei mercati adatti ai nostri prodotti.

Se siamo una impresa agricola familiare con prodotti “top quality”, difficilmente la Cina farà al caso nostro. Meglio concentrarsi su quei paesi dell’UE con il PIL in crescita. Altro input a mio avviso importante: predisporre una presenza sui social media costante e precisa. In Italia sembra che non si sia capita ancora l’importanza dei canali social e si tende ad affidare la loro gestione a nipoti e cognati di turno pensando che postare una foto ed ottenere follower sia un gioco da ragazzi. Racconto sempre ai miei clienti che, ironia della sorte, i primi a “cliccare like” sui miei post sono gli importatori del nostro network mentre di aziende italiane neanche l’ombra. I tempi sono cambiati, mentre le aziende aspettano di adeguarsi al web 2.0, di colpo saremo già al web 2.4!
E poi l’inglese, come facciamo ad internazionalizzarci se non riusciamo a comunicare con i nostri potenziali clienti? Insomma, anche per esportare ci vuole il giusto mix di competenze e forza di volontà. Basta volerlo.

Rosanna Campanella

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