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Le chiavi per aprire 99 luoghi segreti di Milano

Le chiavi per aprire 99 luoghi segreti di Milano

Ci sono occasioni a due facce, destinate a farti riflettere almeno due volte. Così è per la serata milanese di martedì 17 marzo, presso il Ristorante Bellariva, dedicata al libro “Le chiavi per aprire 99 luoghi segreti di Milano“. La cornice è quella fascinosa dell’alzaia del Naviglio Grande, con le sue luci soffuse e la sua isola pedonale ad alto tasso giovanile, ma anche gastronomico: è tutto un susseguirsi di birrerie, osterie, proposte esotiche e wine bar. L’unico vino DOC di Milano, quello del colle di San Colombano, rappresenta il segreto numero 100, che ci sarà svelato con entusiasmo dopo la presentazione del libro.

E così il primo sipario della serata si apre per Manuela Alessandra Filippi, storica dell’arte e autrice del libro, che vorrebbe far luce negli angoli nascosti della nostra capitale economica. Tutti luoghi regolarmente ignorati dal turista poco accorto, che si affretta tra piazza Duomo e il Cenacolo di Leonardo da Vinci per poi dileguarsi in un baleno. Non sa cosa si perde, ci ribadisce la scrittrice, e lo ripete perfino il New York Times, che ha classificato Milano al primo posto tra i luoghi da visitare nel 2015.

Questi luoghi segreti possono essere opifici abbandonati, fornaci antichissime, palazzi gentilizi e chiostri rinascimentali. Si possono visitare su appuntamento, di solito, ed il libro serve a questo: a ricordare che tutti hanno un appuntamento con le opere d’arte dimenticate dalla massa ma preziose per il viaggiatore lento, non uso alle occhiate distratte. Quel viaggiatore che vorrebbe, invece, sentirsi al centro di un patrimonio storico unico al mondo.

Con grande disponibilità, Manuela Alessandra Filippi accetta di parlarne più a fondo ad Eventi DOP.com.

Fra tutti gli altri, esiste un “segreto dei segreti”, un’eccellenza milanese che non possiamo lasciare nel buio?
Il mio libro non presenta una “top ten” della bellezza meneghina, ma è un viaggio per vie un po’ oscure, dove si ascoltano le voci sommesse di una storia bimillenaria. Oltre a rivelare i segreti mi piace ricordare le ovvietà, troppo facili da dimenticare: ad esempio, che Milano è concepita come un cerchio, con le sue porte maestose ma anche con le sue entrate minori. Mi riferisco alle dodici pusterle, accessi fortificati per il traffico commerciale più leggero. Se proprio vuole, posso segnalarle che nello spazio di un chilometro quadrato o poco più, il viaggiatore può incontrare il teatro romano. Vi si accede dalla Camera di Commercio, entrando da piazza Affari; nella piazza potrà ammirare, una di fronte all’altro, la retorica fascista della facciata di palazzo Mezzanotte e il dito di Cattelan, icona dell’arte postmoderna; a duecento metri troverà i resti di un Foro romano, all’interno della chiesa del Santo Sepolcro, edificio risalente al 1030. Più che un’eccellenza, un assemblaggio incoerente (ma stimolante!) di stili ed epoche diverse

E c’è un segreto enogastronomico particolarmente gustoso?
C’è la vigna personale di Leonardo da Vinci, cosa vogliamo di più? Donati al genio da Ludovico il Moro, e sopravvissuti per miracolo ai secoli e ai bombardamenti, i vitigni sono stati ripiantati nella loro originale collocazione in corso Magenta, non lontani dal Cenacolo. A Leonardo, evidentemente, piaceva la Malvasia

Parlando di vino, passiamo al secondo ospite d’onore della serata dei 99 segreti, che è il colle di San Colombano con i suoi vini per tutti i gusti: rossi e bianchi, rosé e spumanti

carlo giovanni pietrasantaChiediamo a Carlo Giovanni Pietrasanta, titolare dell’omonima azienda vitivinicola, se tra le meraviglie ignote di Milano si possa annoverare anche il vino. Il vino tipico del territorio era ben nascosto a Milano, dove le tradizioni agricole sono state erose e sopraffatte dalle esigenze dell’industria e del commercio. Nascosto, per esempio, negli orti privati delle osterie, dove fino a trent’anni fa molti ristoratori ostinati continuavano a prodursi il vino in proprio. Nel bel mezzo della città delle acciaierie Falck e degli agenti di borsa. Sembra incredibile, ma è così.

Il vino di Milano è poco conosciuto. Un destino inevitabile?
Se si riferisce al San Colombano, è troppo facile concordare: non siamo ancora in primo piano nel panorama nazionale. Milano, la città della finanza e dell’innovazione, lascia i suoi prodotti della terra, di grande spessore, nelle retrovie. E pensare che qui le viti ci sono praticamente da sempre!

Come si fa il salto di qualità per essere visibili in tutto il mondo?
Facendo un grande e appassionato gioco di squadra, quello che in provincia di Milano è mancato, e tanto. I grandi imprenditori autoctoni hanno portato i capitali lontano da qui, investendo in altri terreni. Che dire? Non abbiamo creduto alle nostre potenzialità vitivinicole. Orgogliosamente, posso dire che la famiglia Pietrasanta da duecento anni fa la sua parte, a San Colombano. Non ci manca il coraggio di innovare. Stiamo sperimentando, per esempio, etichette nuove “dialettali” come il Telchì e l’Ambroeus, e tra pochissimo lanceremo anche il Rebelot. A Milano le eccellenze enogastronomiche non mancano, dobbiamo solo sbrigarci a valorizzarle

L’Expo 2015 ci darà il destro per farlo, se riusciremo a trovare i giusti abbinamenti con le specialità meneghine già note in tutto il mondo: risotti, formaggi, salumi, cotolette ed altro ancora. Abbiamo in serbo delle sorprese per l’esposizione, e qui mi taccio, perché mi sono già sbilanciato troppo.

Cosa ci nasconde Carlo Giovanni Pietrasanta? E’ lui che possiede il segreto numero 100 della città? Una serata così, all’insegna del nascosto che si svela, può chiudersi solo con una promessa: vi sorprenderemo.

L’Expo come realizzazione del sogno milanese di grande successo in campo enologico. Fino ad oggi è mancato: quanto al domani, vogliamo crederci.

Guido Gabaldi
guiandrosa@gmail.com

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