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Le Denominazioni dello Sherry

Le Denominazioni dello Sherry

Nel mondo contemporaneo la generale connotazione geografica di un vino è solo il primo contorno.

Per dargli una chiara identità bisogna passare qualche cerchio ed arrivare ad un concetto più stretto i cui confini, oltre che di terra, sono fatti di regole, ovvero la Denominazione di Origine.

Pertanto è si utile indicare in questo caso l’area vitivinicola di Jerez in Andalusia, la parte più a sud della penisola Iberica, come l’area in cui nasce lo Sherry ma questo non basta poiché non tutti i vini prodotti nella zona possono chiamarsi Sherry per quanto simili siano gli stili e i processi di produzione.

Allora partiamo col dire che sono tre le Denominazioni dello Sherry, ovvero quelle zone ben definite per caratteristiche naturali in cui il vino prodotto può portare il nome di Sherry e godere delle tutele legali stabilite dalla legge che sono la D.O “Jerez-Xérès-Sherry” quella di “Manzanilla – Sanlúcar de Barrameda” e dal 1994 è nata la terza “Vinagre de Jerez” che include prodotti agroalimentari locali quali l’aceto.

Vi chiederete come mai la prima denominazione sia composta da tre nomi.

In realtà si vuole sottolineare l’importanza che il vino ha storicamente avuto non solo in Spagna (dove era noto come Vinos de Jerez) ma anche in Francia (Xérès) ed in Inghilterra (Sherry). Ancora oggi ogni bottiglia di vino porta in etichetta il nome nelle tre lingue.

Soltanto i 7000 ettari circa di vigneti che si trovano nelle municipalità di Jerez de la Frontera, El Puerto de Santa María, Sanlúcar de Barrameda, Trebujena, Chipiona, Rota, Puerto Real, Chiclana de la Frontera and Lebrija, all’interno dell’area designata sotto il controllo del Consejo Regulador sono autorizzati alla la produzione di Sherry e Manzanilla.

L’area è tradizionalmente nota come Jerez Superior, in pratica una sottozona le cui caratteristiche del suolo e delle condizioni pedoclimatiche la rendono particolarmente vocata alla produzione di vini di qualità superiore. Ma non finisce qui.

Non solo i vigneti devono provenire da detti comuni, almeno per la Denominazione”Jerez-Xérès-Sherry”, ma l’invecchiamento del vino deve avvenire esclusivamente nella zona di “maturazione ed invecchiamento” conosciuta come il Triangolo dello Sherry ovvero nelle città di Jerez de la Frontera, El Puerto de Santa María e Sanlúcar de Barrameda e tutte le cantine per l’invecchiamento si trovano in queste tre città.

La D.O “Manzanilla – Sanlúcar de Barrameda” ha altre peculiarità. L’area di invecchiamento è limitata esclusivamente alla città di Sanlúcar de Barrameda ma i mosti e le uve possono derivare da qualunque angolo dell’area vitivinicola di Jerez; solo l’invecchiamento ha luogo obbligatoriamente in Sanlúcar legando indissolubilmente il vino alla città.

La FlorQuesto perché qui complice la vicinanza del fiume Guadalquivir e la giusta distanza dal terreno acquitrinoso di Coto Doñana si creano condizioni microclimatiche uniche per lo sviluppo di uno degli elementi vitali alla creazione delle peculiari caratteristiche organolettiche del vino: la flor. Ed è qui che i vini prodotti diventano diversi da qualunque altro.

Ogni territorio vinicolo ha i propri assi nella manica. Quelli di Jerez? Partiamo dal suolo. Jerez è un complesso collinare dalla conformazione molto aperta e dalla poca inclinazione, tra il 10 ed il 15%, coperto da uno strato di calcare noto come Albarizia che si mostra agli occhi di chi guarda nel suo bianco abbagliante sopratutto nei mesi caldi.

Questo soffice strato di terra è ricco di carbonato di calcio, argilla e silicio derivati dalla radiolite e dalle farine fossili di cui era ricco il mare che nel periodo Oligocenico ricopriva l’area.

Da un punto di vista agronomico la caratteristica importante di questo suolo è l’elevato grado di umidità che la struttura quasi spugnosa riesce ad incamerare durante la stagione piovosa per rilasciarla nella rovente stagione secca. Inoltre il suolo di Albarizia è molto facile da lavorare ma povero di sostanze organiche.

Oltre all’Albarizia la geologia di Jerez si completa di “barros” (argilla) e di “arenas” (sabbia). Questi sono concentrati lungo i pendii delle colline e nelle vallate.

PagosLa particolare conformazione e composizione del terreno permette una particolare suddivisione della zona in piccole frazioni tradizionalmente conosciute come “pagos”, ovvero porzioni di terreno naturalmente delimitate da un particolare mesoclima e caratteristiche topografiche (un po’ come i climat borgognoni per intenderci).

I più famosi, da cui derivano i più noti degli Sherry, sono Carrascal, Marcharnudo, Añina, Bilbaina ma in totale ne sono stati identificati e catalogati ben 70.

Altro elemento fondamentale è il clima. Questo è tendenzialmente caldo non solo per la poca altitudine delle sue colline ma anche per il fatto che Jerez è la regione vitivinicola più a sud d’Europa.

Anche se le estati sono roventi ed asciutte tanto da provocare una elevata evaporazione dell’acqua la vicinanza dell’Oceano Atlantico riporta un certo equilibrio mantenendo un buon livello di umidità e stemperando il caldo, sopratutto di notte.

Durante la primavera e l’estate soffiano inoltre due venti, il Poniente caldo e umido da ovest ed il Levante bollente ed asciutto da sud est.

In questo ambiente così particolare trovano ideale dimora le varietà tradizionali da cui si ricava lo Sherry: il Palomino, il Pedro Ximénez ed il Moscatel, tutte a bacca bianca.

Il Palomino Fino è la regina indiscussa delle varietà, quasi certamente autoctona, usata da secoli per la produzione del vino. La sua compatibilità con il suolo ed il clima e le tecniche agronomiche la rendono uno degli elementi chiave per la produzione dello Sherry.

È un’uva molto fragile, soggetta a malattie, ma molto generosa. Ricca di aromi, poca acidità e povera di zuccheri fermentescibili, perfetta per lo produzione di Sherry.

Uva Pedro XimenezIl Pedro Ximénez è un’altra varietà tradizionale. Il suo elevato grado zuccherino e la sua buona acidità la rende ottimale per la produzione di vini dolci di grande qualità. Per la sua buccia sottile viene appassito al sole prima di essere vinificata al fine di concentrare il contenuto di zucchero.

Viene usata soprattutto per la produzione di Sherry dolci ed è in realtà molto più diffusa nella D.O Motilla Moriles più vicina al mare. Da qui poi i vini saranno invecchiati a San Lucar.

Altra varietà diffusa in tutta la regione è il Moscatel conosciuto anche con altri nomi come Moscatel de Chipiona, Moscatel gordo, Moscatel de España, etc. ma altro non è che Moscato di Alessandria.

In questa regione dà vini aromatici dolci speciali anche questi da grappoli surmaturi oppure appassiti al sole. I vigneti di solito sono vicino al mare su suoli sabbiosi.

A parte i fattori naturali e le varietà appena descritte anche il modo di coltivare la vite incide molto sulla qualità delle uve o lo sviluppo di quei lieviti, che approfondiremo più avanti, che conferiscono al vino le caratteristiche per le quali è noto in tutto il mondo.

Dalla ossigenazione del terreno di Albarizia, povero di sostanze organiche, alla scelta del portainnesto, al sesto di impianto fino alla potatura, le pratiche agronomiche restano legate alla storia del luogo nonostante siano state adattate alle tecnologie moderne ma danno ancora oggi traccia del legame simbiotico tra uomo, pianta e suolo.

Il sesto tradizionale di impianto è il “Marco Real” che prevede una conformazione a quadrato di 1,50 x 1,50 metri per lato ma con la moderna meccanizzazione si è passati ad un rettangolo di 1,15×2,30 metri con densità per ettaro di 3,600 e 4,200 ceppi.

Il tradizionale metodo di potatura è il “vara y pulgar” o “jerezana”. In pratica ad anni alterni sulla pianta si alleva un tralcio lungo, pulgar, sul quale vengono lasciate al massimo otto gemme da cui deriveranno i capi a frutto e all’opposto del tronco della vite viene lasciato uno sperone, vara, con massimo due gemme, dal
quale ricavare i nuovi capi a frutto l’anno successivo.

La vendemmia in JerezLa vendemmia ha inizio verso i primi di settembre a seconda del grado di maturazione delle uve (o meglio del grado zuccherino raggiunto di solito intorno ai 10,5 gradi Baumé) anche se in questo caso concorrono vari fattori sia logistici che climatologici.

Nemico numero uno resta l’eccessiva temperatura in questo periodo che potrebbe ossidare i grappoli durante il trasporto in cantina, e questo non è un bene per la tipologia di vino di cui stiamo parlando. Il perché lo capiremo cammin facendo.

Generalmente la vendemmia è eseguita a mano (la meccanizzazione non copre più del 15% della superficie totale) e i grappoli depositati in cassette con una capienza non superiore ai 18 chilogrammi seguono percorsi diversi a seconda del tipo di vino da produrre, immediatamente avviati alle presse per la tipologia secco o stesi al sole per l’appassimento per i vini dolci.

In ultimo ha inizio il processo di vinificazione e di classificazione. Un’operazione questa per niente facile che coinvolge esperienza e sensibilità del mastro cantiniere.

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