“Il Mojito! Quel miscuglio di troppo rum bianco con poco succo di lime, zucchero, foglie di menta, un’idea di soda e poco ghiaccio”. Così amava descriverlo il suo primo illustre fan, nonché inconsapevole apostolo come poi vedremo, Ernest Hemingway. Quale miglior modo che partire dalle parole di un premio Nobel per la letteratura e premio Pulitzer con “Il vecchio e il mare” per scoprire l’affascinante storia del cubano più famoso?
Una storia che parte da più lontano di quanto si possa immaginare…
Anno del Signore 1493. Cristoforo Colombo si appresta a salpare per il suo secondo viaggio alla volta delle Americhe e, dall’isola di Las Palmas alle Canarie, porta con sè, tra le altre cose, le talee di una pianta che, secoli dopo, avrebbe dato i natali al distillato che oggi chiamiamo rum; la canna da zucchero.
L’arbusto trapiantato ai Caraibi trova il suo habitat ideale; già dal ‘500, dalla sua distillazione, nasce un primitivo ed impuro liquido aspro e molto alcolico, chiamato “tafia” prima, “aguardiente” in seguito, ed infine “rum”, o meglio “ron” in lingua spagnola, quando, giunti quasi a fine ‘800, don Facundo Bacardi Massò, a Santiago de Cuba, introdusse una nuova tecnica di distillazione che, insieme ad altri accorgimenti, permise di ottenere il rum cubano dal bouquet e dagli aromi che oggi conosciamo e che proprio da lì partì alla conquista del mondo.
L’aguardiente, il primo potente ed infuocato distillato, nel XVI secolo, ubriacò generazioni di pirati che, solcando le acque del nuovo mondo, lo trangugiavano per darsi la carica ed andare all’arrembaggio e che, a volte, per renderlo più bevibile e coprirne il cattivo sapore, lo addolcivano con zucchero e Hierba buena, la varietà di menta più diffusa nell’America latina.
Fantasie di corsari dunque, per il distillato che dà corpo al nostro cocktail, tra i quali la mitica figura di Sir Francis Drake, detto El Draque, condottiero britannico al servizio di Elisabetta I, che, a quel miscuglio esplosivo di rum, zucchero e menta divenuto popolare in tutti i Caraibi dai leggendari racconti di personaggi poco raccomandabili, prestò il nome: Draquecito, diminutivo dal suono piuttosto affettuoso pensandolo associato a chi di amorevole aveva ben poco. Presto, a quell’intruglio nonno del nostro Mojito che rendeva l’equipaggio euforico, incosciente e spavaldo, si prese ad aggiungere il succo di lime, agrume imbarcato nei galeoni in grandi quantità quando si scoprì che la malattia nota come scorbuto, responsabile di numerose dipartite tra gli equipaggi, derivava proprio dall’assenza di vitamina C. Il primo Mojito della storia era stato creato, ma da lì alla fama modaiola internazionale ancora ce n’era di strada da fare…
Non era più tempo ne di pirati ne di corsari infatti, quando, nel 1942, tal Angel Martinez, un giovane commerciante di generi alimentari, aprì a Cuba, proprio a metà di una tipica stradina dell’Havana vecchia, al civico 207 di calle Empedrado, un piccolo e malandato locale di poche pretese che serviva cibi poveri e bibite fatte apposta per allontanare il caldo opprimente. Battezzato inizialmente “Casa Martinez”, pochi anni dopo si trasformò in “Bodeguita del Medio”, letteralmente “Botteguccia del mezzo”, posto festoso e bizzarro dotato di un bancone bar per la mescita di bevande alcoliche che, sui suoi sgabelli e ai suoi tavoli, cominciò ad ospitare, quasi subito, intellettuali, artisti e politici, diventando il fulcro della vita sociale cittadina. Uno dei più assidui frequentatori fu proprio quell’Ernest Hemingway che per Cuba e per la sua gente aveva avuto quello che si può definire un vero e proprio colpo di fulmine destinato a trasformarsi in passione e poi in grande amore. Già nel 1939 infatti, deciso a cambiare radicalmente vita, Hemingway abbandonò Key West, a sud di Miami, Florida, per stabilirsi 130 Km più giù, in un albergo del centro Havana, l’hotel Ambos Mundos, dal quale, a piedi, poteva facilmente raggiungere sia la “Bodeguita del Medio” prendendo a destra; sia “El Floridita”, altro noto locale, puntando invece verso sinistra; ma questa è un’altra storia…
Formidabile bevitore, amante dei cocktail e del buon bere in generale, Hemingway alla “Bodeguita” fu un profondo estimatore, un cantore e un cultore del drink che, nel frattempo, con l’arrivo del ghiaccio e sostituendo l’aguardiente con il rum, per tutti nell’isola caraibica, era diventato il Mojito. Forse da “mojo” un condimento tipico della cucina cubana a base di aglio e agrumi usato per marinare, o forse da “mojadito” cioè “umido”, oppure, più probabilmente, l’unione di entrambe le parole; “moj-ito”.
Leggenda affascinante ma tuttavia priva di fondamenta invece, l’ipotesi che si possa ricondurre l’etimologia della parola al termine vudù con radici africane, “mojo”, cioè “incantesimo”.
“My Mojito in la Bodeguita, my Daiquiri in El Floridita” è questa la frase in inglese autografa di Hemingway che fa ancora bella mostra di se in un quadro tra le bottiglie della “Bodeguita”, luogo emblematico e pieno di storia, oggi come allora dal fascino immutato e dall’atmosfera unica e inspiegabile a chi non ha avuto la fortuna di viverla. Già… il Mojito e la Bodeguita. Uno dei locali più famosi del mondo, custode dello spirito dei grandi personaggi che nel corso del tempo l’hanno frequentata, respirata e amata, scarabocchiandone i muri e lasciando dediche e firme su pareti, poster, quadri e tavoli; tra gli altri Salvador Allende, Ava Gadner, Pablo Neruda, Nat King Cole, Mohammed Ali, Gabriel Garcia Marquez, Jean Paul Sartre. O come lo scrittore Enrique Labrada Ruiz che, in una notte alcolica, dopo una rissa, annotò: “Cargue con su pesao”, “Ciascuno si accolli i propri problemi” slogan oggi tinteggiato all’interno del locale.
Già… La Bodeguita e il Mojito. Il Mojito è l’alma de Cuba, ne è la sua anima! Ne è il suo popolo con i suoi colori e la sua passione, ne è la sua terra con i suoi profumi e le sue sfumature, e anche se, come erroneamente si crede, non è nato alla “Bodeguita”, è certamente da lì partito, con Hemingway e tutti i celebri personaggi che l’hanno amato, a raccontare, con il trasporto ed il sentimento del migliore dei romanzi, la storia, le tradizioni e la cultura della sua gente e della sua terra in tutto il mondo.
“MOJITO”, Ricetta e Preparazione – Varianti
Ingredienti:
– 4,5 cl Rum cubano (“Havana Club 3 anni” preferibilmente)
– 3 cl succo di Lime fresco
– 9 cl di Acqua Frizzante (o Seltz, o Soda)
– 2 cucchiaini da tè di Zucchero di canna raffinato, cioè bianco
– 2 rametti di Menta (“Hierba Buena” cubana possibilmente, più delicata di tutte le altre varietà)
Decorazione: Rametto di Menta e spicchio di Lime (facoltativa).
Preparazione: In un bicchiere highball (bicchiere cilindrico alto) mettere lo zucchero di canna bianco, il succo di lime fresco, i rametti di menta e l’acqua frizzante; servendosi di uno stirrer (cucchiaio da bar a manico lungo) o di un pestello, mescolare il tutto (senza però pestellare) finché lo zucchero non sarà sciolto. L’acqua gassata farà da elemento abrasivo sulle foglie di menta facendogli sprigionare le essenze aromatiche. A questo punto aggiungete il rum ed infine riempite completamente il bicchiere di ghiaccio a cubetti (mai tritato). Per ultimo, se preferite, guarnite con un rametto di menta ed uno spicchio di lime. Servire con cannuccia.
N.B. Anche se non presente nella versione ufficiale, non è raro, sia a l’Havana che in tutta l’isola di Cuba, finire il Mojito aggiungendo qualche goccia di Angostura Bitter come ultimo ingrediente.
Piccolo consiglio: Per il lime in questo caso, ma per tutti gli agrumi in generale, prima di tagliarli per spremerli, sarebbe buona regola pressarli leggermente sul tavolo facendoli rotolare sotto il palmo della mano avanti e indietro. Ciò li ammorbidirà all’interno favorendo così facilità e resa della spremitura.
Varianti: Detto come dovrebbe essere preparata la ricetta originale del Mojito codificata dall’I.B.A. (International Bartenders Association), è doveroso, per questo cocktail più che mai vista la grande confusione e l’alone di mistero che lo avvolge al di fuori dei confini cubani, spendere due parole sulle molteplici varianti alla stessa. Tra queste, quella più popolare e diffusa qui da noi, è la variante europea, chiamata appunto “Mojito Europeo” o “Mojito Sbagliato”. Essa prevede che vengano messi sul fondo del bicchiere spicchi interi di lime e zucchero di canna grezzo (scuro) per essere pestellati, come in un vero e proprio mortaio, insieme alla menta. Di seguito si aggiunge ghiaccio tritato a colmare il bicchiere ed infine rum e acqua frizzante (oppure acqua tonica, o Sprite, o Seven Up). Tralasciando il grossolano errore tecnico che si commette (la menta non va mai pestata vigorosamente perché la rottura di foglie e gambi rilascia aromi amarognoli non gradevoli), questa preparazione ha come risultato un drink totalmente diverso dall’originale che perciò non può essere chiamato allo stesso modo. Tecnicamente, nel mondo del bartender, il drink così preparato andrebbe definito “Caipirissima alla menta” (da “Caipirinha” cocktail nazionale brasiliano che in seguito scopriremo), dove il rum sostituisce la cachaça, distillato popolare carioca.
A tal proposito, per concludere, c’è da aggiungere che, da qualche anno a questa parte, da quando cioè il vero Mojito è stato codificato dall’organo internazionale dell’I.B.A. (International Bartenders Association) e perciò dovrebbe essere preparato in tutto il mondo nella versione originale, l’associazione di barman professionisti cubani chiamata “Club de Cantineros”, una delle più antiche del mondo, fondata già nel 1924, e da sempre rappresentata da figure professionali di alto spessore tra le più note ed apprezzate del settore a livello internazionale, si sta adoperando nelle maniere più disparate per diffondere, fuori dai propri confini, la storia, la cultura, la ricetta e la preparazione a regola d’arte del vero Mojito cubano. Quello di cui abbiamo raccontato.