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Birra e cucina tipica: sul Gargano è l’accoppiata vincente

Birra e cucina tipica: sul Gargano è l’accoppiata vincente

Il   promontorio del Gargano dovrebbe essere un luogo arcinoto alle schiere di turisti che hanno fatto della vacanza al mare una specie di culto laico. Ha avuto il suo momento di gloria qualche anno fa,  soprattutto grazie alla natura lussureggiante, benigna e non matrigna, una volta tanto: mi vengono in mente le scogliere a picco sul mare, coperte dalla macchia mediterranea, le spiaggette dove arrivi solo in barca, i sentieri di alta collina del Parco Nazionale del Gargano, che tutela uno dei boschi più estesi di tutto il meridione.
A parte il già noto, il Gargano offre al reporter enogastronomico tanti percorsi da battere con lo spirito dell’esploratore. Troppe sono le specialità locali e  le icone tradizionali della cucina popolare ancora sconosciute al grande pubblico, ed è un vero peccato. E dato che per raccontare seriamente occorre sperimentare, mi reco sul posto, a Sannicandro Garganico (FG), per  parlare con chi il  territorio gargano 2 bisdi origine lo valorizza per mestiere: “Pane e Olio” è il nome del ristorante/pizzeria prescelto,  in cui le tipicità garganiche la fanno da padrone. Ho il piacere di attaccar bottone con  Matteo Florio, chef e titolare del ristorante.  “Ovviamente non posso permettermi di promuovere il prodotto garganico e basta: alcuni classici italiani non potrò mai toglierli dal menù, anche se non sono certo entusiasta di servire gli spaghetti con l’astice, che arriva da chissà dove. Farle portare in tavola, invece, le linguine col granchio del Lago di Lesina, qualche soddisfazione in più me la dà. “ Le linguine rappresentano una festa per gli occhi e una palestra per gli aspiranti gourmet: per allenarsi bisogna mettere il granchio a pancia per aria, scoperchiarlo a mano senza far schizzare il sugo sulla plafoniera e sulle camiciole estive, e infine mangiare le uova (delicatissime, altro che caviale!) dopo aver  “aspirato” la polpa con la bocca … è l’antigalateo nella sua espressione più pura, ma qui me lo concedono.


“Ho circa trent’anni di esperienza nella ristorazione,” continua Matteo, “soprattutto grazie all’altro locale per ricevimenti e matrimoni che ho cominciato a gestire nel 1990, Villa Florio, sempre qui a Sannicandro. In tutti questi anni mi sono sempre più convinto che abbiamo delle eccellenze gastronomiche da far conoscere, e alla svelta: come non apprezzare il cefalo alla brace, un pesce povero che gode di scarsa considerazione, ma che le ho fatto servire condito con olio locale, aceto e finocchietto… così acquista un sapore speciale e inconfondibile. O ancora la salicornia (o asparago di mare), pianta gargano 3erbacea che ha un gusto amarognolo, quasi acidulo, e che è tipica delle zone paludose e dei suoli salini.  Io la metto sott’olio e la uso come conserva, oppure come contorno per i miei secondi di pesce. Questo per quanto riguarda la tradizione: se passiamo invece alle tendenze di oggi, tra quelle che mi affascinano c’è il proliferare di microbirrifici sempre nuovi. Penso proprio che tra la mia cucina e le birre artigianali ci sia un’intesa quasi istintiva.”  Fa davvero sul serio, Matteo, ed è per questo che ha invitato a pranzo anche Michele e Vincenzo Vocale, padre e figlio, titolari del birrificio Gargantua di Sannicandro. “Di birra artigianale qui da noi se ne parla almeno dal 2002,” puntualizza Michele, “e non sono solo parole, perché sperimentiamo tecniche di produzione proprio nell’Istituto per le tecnologie alimentari dove insegno: tanti ragazzi ma anche tanti imprenditori, provenienti da ogni parte d’Italia, hanno partecipato ai miei corsi. A furia di spiegare agli altri come si fa, a me e mio figlio è venuta voglia di passare dal laboratorio al birrificio vero e proprio, e così da qualche mese siamo entrati in affari.”


Quali sono i vostri attuali “esperimenti”?
Questa volta è Vincenzo a rispondere: “Credo che l’ambizione dei mastri birrai italiani  sia quella di dimostrare che la birra non si beve solo quando si ha sete, ma si ordina al ristorante per abbinarla ai piatti del giorno, dal più rustico al più raffinato. Proprio come stiamo facendo oggi: noterà anche lei che le ostriche crude che ci hanno portato vanno alla perfezione con la “Punica”, Gargano Red Ale ad alta fermentazione, color rosso mogano, con succo di melograno: la schiuma è fine e cremosa, i sentori di frutta sono evidenti e la nota acidula regge perfettamente il confronto col sapore un po’ aggressivo dei frutti di mare.” gargano 4 La più originale di tutte, secondo me, è la “Gargantua”, Gargano Amber Ale, con miele e vincotto di fichi: di colore ambrato scuro, sa di frutta secca  ed è quasi abboccata nel finale. Un degno accompagnamento per la pasticceria secca locale, i cosiddetti peperati: si tratta di biscottini semimorbidi speziati, che lo chef Matteo Florio impreziosisce ricoprendoli con un liquido denso (simile al miele)  ottenuto lasciando sobbollire a lungo i fichi d’india.  Dopo tutto questi esperimenti sarà meglio ricordarsi, per il  futuro, che il Gargano non è solo il promontorio delle scogliere e delle spiagge nascoste agli sguardi, o dell’enorme  bosco affacciato sul mare Adriatico: è pure il luogo delle birre di qualità e degli  itinerari enogastronomici inconsueti, o di tutt’e due le cose insieme. Birra e piatti tipici, un’accoppiata che sin d’ora dà forza ed ecletticità al brand Gargano.

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