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Castagna essiccata nei tecci di Calizzano e Murialdo

Castagna essiccata nei tecci di Calizzano e Murialdo

I castagneti sono, fin dal Medioevo, una costante nei paesaggi dell’entroterra ligure che s’affaccia alla Padanìa. La pianta è di solito alta, longeva e robusta e la chioma si espande ramificata. Il castagno era conosciuto nel medioevo come l’Albero del pane. Le castagne derivano dai fiori femminili racchiusi da una cupola che poi si trasforma in riccio. Il frutto è un achenio con pericarpo liscio e di color bruno scuro, all’apice è presente un piccolo ciuffo chiamato “torcia” , cioè i resti degli stili, mentre alla base è presente una cicatrice chiara chiamata “ilo” o cicatrice ilare.

Le castagne contenute nei ricci hanno varie forme, questo dipende dalla varietà e dal numero di frutti contenuti all’interno. Di solito frutti laterali sono emisferici mentre quello centrale risulta schiacciato ai lati. Molte sono le varietà dei castagni e di conseguenza anche delle castagne. Tali varietà dipendono innanzi tutto dall’altezza e dai luoghi in cui si coltivano: Carpinese, Ciria, Lojola, Montan, Neiranda, Marrone, Pastinese, Brandigliana, Alotta, Lizzanese, Agostana, Rossera, Bellina, Biancola, Invernizza, Raggiolana, Valcamonica, Verdesa, Frombola, Pistolese, Torcione. In Val Bormida sopravvive un’antica tecnica un tempo diffusa in tutto l’arco appennino ligure e nelle valli piemontesi: l’essiccatura delle castagne nei “tecci”.

I seccatoi, o tecci, sono piccole costruzioni in pietra di un solo locale con il tetto di scandole. Ancora oggi, nei castagneti dell’alta valle Bormida, si trovano tecci attivi nascosti fra alberi secolari. Esistevano due tecniche di raccolta o castagnatura: l’abbacchiatura, eseguita in genere dagli uomini, i quali dopo aver percosso i tronchi della pianta raccoglievano i ricci chiusi non ancora maturi con pinze di legno e poi conservate in cumuli ricoperti di foglie e terra per circa due settimane, e poi essere battuti fino alla fuoriuscita dai ricci delle castagne.

La raccolta delle castagne a terra era invece affidata allle donne ed ai ragazzi, quando le castagne fuoriuscivano spontaneamente dopo la caduta dei ricci a terra e venivano raccolte con l’utilizzo di un rastrello dentato per poi essere depositate in un essiccatoio. Dopo la raccolta, le castagne si pongono sui soffitti a graticcio, sopra un fuoco basso e costante soffocato dalle scorze delle castagne dell’anno precendente. Mentre procede la raccolta, gli strati aumentano: in totale l’essiccazione si protrae per circa un mese. Le castagne vengono girate per dare un’affumicatura uniforme e dopo questa operazione, vengono esposte al fumo ancora per cinque o dieci giorni e poi battutte per eliminare la scorza.

L’essiccatoio era per lo più costruito in pendio per poter accedere direttamente al piano superiore, generalmente di pianta quadrata o rettangolare e con struttura in muratura. Il tetto a doppio spiovente inizialmente era ricoperto di paglia o di foglie, poi di lastre di pietra o tegole. La castagna è un alimento sano e molto nutriente ed è alla base di molte lavorazioni e ricette liguri. All’inizio della filiera viene effettuata la precalibratura: i frutti con calibro inferiore ai 25 mm vengono inviati all’industria, quelli con calibro compreso tra i 26–27 mm alla curatura, mentre quelli con calibri superiori sono sottoposti subito a sterilizzazione.

La Valle Scrivia è uno dei territori dove si preparano eccellenti “castagne grasse”, piatto antico a base di cotenne, cavoli, e appunto castagne, sorta di zuppa calorica – rituale nel giorno di Sant’Antonio – le cui doti organolettiche rivaleggiano con le più celebri “cassoeula” lombarda e “choucroute” alsaziana. Addirittura zuppe di cicerchie e castagne pare inoltre che sostentassero gli assediati già durante l’assalto dei Doria a castello Fieschi, dopo la fallita congiura di Giannettino (1547).

La farina di castagna è poi – specie a Montoggio – sempre più alla base di preparazioni peculiari e golose come lasagnette, trofie, canestrelli, pandolci, colombe pasquali e altri dolci da forno, budini, il castagnaccio, a base di farina di castagne sbucciate e seccate in forno. Il presidio Slow Food si propone di valorizzare questa antica tecnica di raccolta e conservazione. Una cooperativa di raccoglitori di castagne ha redatto un disciplinare di produzione che delimita l’area di raccolta e indica nei dettagli le modalità di affumicatura, di lavorazione e di trasformazione.

La filiera è completa: alcuni bravissimi artigiani locali fanno parte della cooperativa e si sono impegnati a usare le castagne essiccate per realizzare biscotti, confetture, creme e gelati. Grazie a questo progetto le castagne sono tornate ad offrire redditività agli abitanti della zona e a promuovere una area montana di notevole interesse paesaggistico e culturale. I 18 produttori e i trasformatori sono riuniti nella Società Cooperativa “Il Teccio” mentre i raccoglitori e custodi dei castagneti sono: Nicoletta Maritano, Matteo Martino, Marco Ferraro e Valeria Pesce di Calizzano, Lorenzo Ghisolfo, Renzo Nolasco, Giuliana Roascio, Luca Ghisolfo, Ezio Ghisolfo di Murialdo. Tutti gli indirizzi, anche dei trasformatori che producono farine, biscotti, dolci, gelati a base di castagne essiccate nei tecci, dove è possibile anche acquistare le castagne essiccate da mangiare lesse o imbevute nel latte (le viette) sono disponibili al seguente link http://www.fondazioneslowfood.com/it/presidi-slow-food/castagna-essiccata-nei-tecci-di-calizzano-e-murialdo/

Chef Stefano Martinengo

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