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Centopassi verso la (ri)conquista

Centopassi verso la (ri)conquista

In un paese come l’Italia, dove ogni regione ha una propria cultura e una radicata tradizione enogastronomica, la tipicità di profumi colori e sapori assume un’importanza strategica catturando l’essenza di ogni luogo e diffondendola attraverso la memoria di ogni visitatore. Non è un caso quindi se anche la degustazione di un vino si basi su questi tre elementi, e non bisogna esser un sommelier esperto per poter avere un approccio olfattivo-visivo-gustativo, basta essere un bevitore o, per restare in tema, un “visitatore del calice”.

La territorialità di un vino ci dice cosa dovremmo aspettarci ancor prima di degustarlo, perché ci riporta alla mente elementi che caratterizzano quella particolare zona o regione, per fama, storia o per semplice “luogo comune”. Ecco allora che nello specifico la degustazione di un rosso siciliano risulta evocativa se rispecchia ciò che inevitabilmente ci si aspetta: colori forti, profumi intensi e quel sapore che scalda, come il calore che attribuiamo al suo popolo.

La Sicilia da sempre è madre di vitigni autoctoni che regalano vini importanti e generosi, e che hanno permesso ad alcune “etichette” di insediarsi nel regno dell’enologia; particolare attenzione merita un vino forse ancora meno “risonante” rispetto ad altri conterranei, ma egualmente consolidato, che oltre a tenere alta la fama organolettiche della Sicilia, ha un’etichetta che racconta e un nome impegnativo per molteplici aspetti: Centopassi.

Questo vino rappresenta l’anima vitivinicola delle cooperative, (Cooperativa Sociale Placido Rizzotto, Cooperativa Sociale Pio La Torre e Cooperativa Sociale Lavoro e non solo) che sotto Libera Terra gestiscono beni agricoli confiscati ai boss di cosa nostra, come previsto dalla Legge 7 marzo 1996; 93 ettari di vigneto tra la zona di Palermo e nelle province di Trapani e Agrigento, che dal 2006 sono stati inglobati in questo progetto volto allo sviluppo e alla diffusione di un prodotto di alta qualità: tutti i lavoratori (attualmente circa 30) si sono dedicati con impegno e dedizione alle coltivazioni biologiche dei vitigni autoctoni (Nero d’Avola e Perricone per i rossi, Catarratto e Grillo per i bianchi) e di alcuni vitigni alloctoni, e a una selezione dei migliori vitigni in purezza per la produzione delle Cru, fino a raggiungere in nemmeno 10 anni livelli di eccellenza tali da conquistare il mercato nazionale e internazionale, ottenendo consensi reali per una indubbia qualità.

centopassi bottigliaUna frase molto semplice ma al contempo significativa che all’interno del sito racchiude lo spirito e la soddisfazione di chi ha reso possibile tutto questo “abbiamo dato una scossa ai palati e alle coscienze” come ha sottolineato al telefono il Responsabile della Comunicazione di Centopassi Francesco Galante. La sfida di chi da sempre ha creduto in questo progetto era proprio quella di ottenere un prodotto di qualità che potesse eguagliare se non superare concorrenti storici, ma che soprattutto venisse apprezzato e non etichettato. Ad oggi questa sfida è stata brillantemente vinta.

Ovviamente le regole del marketing non possono prescindere dall’attrazione e dalla sensibilità che richiama l’origine di queste terre, ma questo aspetto è un elemento che oggi alla pari di altri costituisce l’anima dei vini, non precede la fama ma contribuisce a crearla, soprattutto per quanto riguarda il mercato internazionale dove più che di sensibilità si può parlare di un valore aggiunto, quasi di una curiosità, per un pubblico privo di “solidarietà campanilista” e quindi più esigente.

Proprio in riferimento all’esportazione Francesco Galante enfatizza una sorta di vittoria non programmata, perché al di fuori della memoria storica italiana, nei paesi dell’Est, nelle maggiori potenze europee e in Canada (mercato di recente acquisizione) ciò che conta è la qualità, e il successo che Centopassi sta ottenendo non ha alibi legati all’origine.

Proprio su questa ricchezza morfologica insiste Francesco Galante, con la passione e il calore tipica del suo esser siciliano, sottolineando quanto sia importante visitare di persona quelle terre per assaporarne la bellezza, la sofferenza e la passione, e ritrovarne poi conferma nel loro vino. Ecco quindi che l’etichetta, o meglio il nome diventa prepotentemente evocativo, perché richiama il famoso film e l’omonima canone dei Modena City Ramblers, la storia di Peppino Impastato, la semplicità di 100 passi che possono essere pochissimi quando indicano la distanza da una piaga che inginocchia una terra e un popolo, ma possono coprire una distanza smisurata quando segnano il cammino di quello stesso popolo che vuole riscattarsi e reagire.

Nel film Peppino Impastato voleva “urlare” e ribellarsi alla mafia, e lo faceva tramite una radio… che dava forza e voce. Oggi queste persone urlano con il loro lavoro, e hanno riconquistato il diritto a una entusiasmante, inesorabile “ebbra rivalsa”, che noi semplici bevitori di passaggio possiamo e dobbiamo assaporare!

Dania Marcelli
amelie788@yahoo.it

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