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Chef Michele Maganza: la cucina mi ha dato le ali della libertà

Chef Michele Maganza: la cucina mi ha dato le ali della libertà

Michele Maganza è un cuoco che ama la cucina curata ma senza fronzoli, come la definisce lui una cucina di sostanza, ha lavorato in varie parti del mondo, dalla Svizzera, Repubblica Domenicana, Martinica, Guadalupe, Egitto e Francia. Adesso si trova in Italia di ritorno dalla sua esperienza di due anni in Egitto come Regional Italian Chef in una delle più grandi compagnie del Middle-Est. Lo abbiamo intervistato per EventiDOP.com

Da dove nasce la tua decisione di svolgere la tua professione fuori dai confini italiani?
Prima di amare la cucina, non ho amato il posto fisso e la routine; la cucina mi ha dato le ali della libertà, è un modo per poter conoscere e condividere nuove culture ed emozioni. Secondo me non si gira per il mondo solo per il denaro, ma perché si è un po’ bambini nell’anima con la voglia di continuare a sognare. Si deve essere disponibili verso gli altri, poi dipende dal carattere e dalla propria cultura, il lavoro rimane importante ma in secondo piano chi fa il cuoco in giro per il mondo è differente da altri cuochi. Di base è una persona adattabile, flessibile, che vede sempre il lato positivo in tutti e in tutto. Si creano amici e amori che durano una vita o solo una stagione. In buona sostanza bisogna essere socievoli, la convivenza con altre persone e culture fuori dai confini giorno e notte può essere difficile, perchè in fondo sei a casa di altri. Esperienza e umiltà, sono i principi di questo lavoro poi tutto il resto viene da sé. Ogni giorno è diverso in cucina; irregolarità di prodotti, modi di cucinare diversi, fanno si che non sia un lavoro ma una vera passione.

maganza michele

Non a caso ti trovi in un posto in cui molti rifiuterebbero; l’Egitto in questo periodo non appare il luogo più sicuro al mondo. Credi che lo spirito di adattabilità deve essere di base in uno Chef?
Vivere in alloggi precari, è il bello di quando inizia la tua carriera, fa selezione naturale per chi come me ha iniziato più di trenta anni fa. I tempi non sono cambiati, la famiglia tende sempre a non farti rischiare. Ora ringrazio Dio di aver rischiato (delle mie scelte) perché il mondo lo vedo sotto altri occhi. Egitto e tutta la parte del Middle-Est è francamente pericoloso, noi cristiani non siamo ben visti. Al momento sono tornato a casa per le ferie, non so se tornerò. Il lavoro è finito, ci sono pochi turisti e stare in ufficio non fa per me; ho ancora due anni di contratto ma sto valutando di partire per il Messico o un’altra zona del centro America per conoscere una realtà differente, poi vediamo. Sai, il destino è già scritto, dipende come vogliamo viverlo.
Cosa hai imparato vivendo in posti considerati a rischio dalla Farnesina?
Sai, quando si è al estero non ci si pone il problema che tu possa essere in pericolo, come se fossimo immuni, ma nel caso in cui succedesse qualcosa, sei abbandonato a te stesso. Lo stato, nello specifico la Farnesina, non ti contatta, anche se sei regolarmente registrato, tra l’altro sei obbligato a farlo come residente all’estero, altrimenti dovresti pagare il 37% di imposte tra bolli e trattenute anche se sei residente in un altro paese , ma italiano!!
michelemaganzaQual è il tuo tipo di cucina?
Io non amo la cucina di “apparenza“, ma quella di sostanza, ben fatta e curata, che è la cucina della nostra eccellenza, dei prodotti di qualità, spesso difficili da reperire all’estero ma che sia la clientela più esigente, che quella meno preparata apprezza. I piatti con grattatine di tartufo su aragosta sono per la televisione e le cene di rappresentanza, il resto è la realtà della cucina italiana. Bisogna assolutamente conoscere a fondo la nostra cucina regionale e mediterranea, perché a volte si è obbligati a cambiare alcuni ingredienti e procedimenti, per ottenere quasi lo stesso prodotto, ti assicuro non è facile.
Ogni posto in cui hai lavorato ti ha arricchito?
Si, sicuramente. Si arriva con certezze assolute e si riparte con nuovi dubbi sia dal punto di vista professionale che culturale. Avere sempre nuovi punti di vista è stimolante è allo stesso tempo stressante, non hai mai pace, ma forse è quello che rende questa vita affascinante ed energica.
Vuoi dare un suggerimento per i giovani che volessero intraprendere una carriera all’estero?
Umiltà , professionalità, adattabilità ed equilibrio emotivo, queste sono le principali doti che un cuoco deve avere, poi non in ultimo la curiosità di volere sapere sempre e tutto. Consiglio all’inizio di confrontarsi con compagnie internazionali solide sul mercato, che sicuramente pagheranno meno ma daranno molto in esperienza. Piccoli periodi non più di sei mesi a contratto, perchè prima di correre bisogna imparare a camminare; stare lontano da casa e dalla propria terra logora e a volte non lo si dà per scontato. È assolutamente importante andare dove lo si sente più vicino al momento della propria vita, poi tutto il resto viene da sé; contratti chiari e nero su bianco, non lasciare mai niente al caso, direi di evitare piccole realtà tipo pizzerie trattorie ecc.. Non perché non possano dare in esperienza, ma possono dare diversi problemi di qualità della vita. Altro punto dolente, è conoscere le proprie capacità professionali nel ricoprire il ruolo ricercato. All’estero si lavora con brigate complete e con posizioni ben definite che qui in Europa non usiamo più, quindi è meglio informarsi prima, per non trovare sorprese dopo. Spesso tanti ragazzi si definiscono Chef di partita quando effettivamente non sono altro che un 3° commìs.
Rosanna Campanella

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