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“Pino Farina”: uno Chef di stile mediterraneo

“Pino Farina”: uno Chef di stile mediterraneo

Pino Farina nasce a Pantelleria 54 anni fa in una famiglia di sani principi quali la serietà, l’onestà e il rispetto per il lavoro. In giovane età si avvicina all’arte gastronomica cui poi approderà definitivamente negli anni successivi facendola diventare la sua passione e la sua professione. Presta la sua opera in numerosi ristoranti di prestigio sia in Italia che all’estero, ottenendo riconoscimenti di merito per le sue creazioni che trasmettono magia e ricordano i colori ed i sapori della sua isola natìa.

Oggi lo chef Pino Farina è affermato professionista riconosciuto Executive Chef da associazioni di categoria nazionali quali la F.I.C. ed é iscritto al club degli chef di Palermo, insignito al “Collegium Cocorum” e riconosciuto Maestro di cucina.

Lei si è avvicinato da giovanissimo alla cucina ci vuole raccontare come è accaduto?
A Pantelleria un mio zio aveva un ristorante e andavo spesso a trovarlo. Poi un giorno mi chiese di aiutarlo a pulire dei pesci e dell’insalata. Mi piacque così tanto che ogni giorno andavo da lui che mi faceva fare qualcosa in cucina. Così iniziò il mio percorso professionale e ho cominciato a girare i ristoranti dell’isola. Mi sono comprato il primo libro di cucina, poi la scuola alberghiera e ho fatto tanta gavetta in giro per il mondo, quello che a mio parere non fanno oggi i ragazzi che si avvicinano a questo lavoro.

Quanto è stata importante la sua formazione professionale e come si è sviluppata in Italia prima di diventare uno Chef esperto?
Mi ripeto: la mia formazione professionale è stata la gavetta. Si è poi sviluppata lavorando a fianco di tanti chef e in tanti posti diversi, sempre sostenuta dalla voglia di crescere professionalmente.

Lei racconta che la sua cucina si ispira alla sua terra di origine. All’estero le vengono chiesti sempre piatti italiani oppure i clienti amano gustare anche cucina internazionale?
All’estero quasi sempre, sapendo che sei italiano anzi siciliano,chiedono di assaggiare piatti italiani o nati dalla tua creatività, mai cucina internazionale.

Ha incontrato durante la sua carriera professionisti o figure a lei care che hanno dato una impronta importante alla sua arte culinaria?
Professionalmente ci sono degli chef che ammiro. Uno in particolare e che desidero citare è Gualtiero Marchesi. Alla mia cucina ho dato sempre una mia impronta mediterranea.

Per lei esiste lo “Chef perfetto” sul tipo di quelli che si vedono in tv e quali caratteristiche deve avere?
Secondo me il cuoco perfetto non esiste, anche perché la cucina è creatività. Devo fare una distinzione: esistono due diverse tipologie di cuochi. La prima sono i cuochi professionisti, che tutti i giorni si trovano ad affrontare problematiche di tempistica ,di risorse umane, di approvvigionamento, di ambienti di lavoro non idonei a contenere il numero di coperti disponibili, oltre ad ambienti privi di aria e di luce, con orari che superano le 13 ore di lavoro e si deve garantire lo stesso la massima professionalità. La seconda categoria è quella che non sono cuochi ma fanno i cuochi insieme ai cuochi che in tv fanno apparire tutto facile. Purtroppo nel nostro paese non siamo riconosciuti a livello giuridico, così una persona si alza la mattina e dice “oggi sono uno Chef”.

Lei conoscerà sicuramente molti giovani che si affacciano per la prima volta in cucina e desiderano un giorno diventare Chef. Che consiglio si sente di dare loro?
Quando mi trovo con i ragazzi nelle scuole alberghiere, per corsi o magari commissario d’esami, o con i ragazzi che vengono a fare lo stage da me, dico sempre loro che “il cuoco è una professione bella, molto impegnativa, e per farla bene bisogna lavorare sodo e girare tantissimi paesi per capire e conoscere la vera arte della cucina. La passione deve accompagnarci tutti i giorni, il tuo lavoro deve diventare uno stile di vita, una missione verso gli altri, non bisogna essere arroganti e tutti i giorni lavorare con lo stesso entusiasmo del primo giorno, solo cosi potrai essere diventare un vero Chef professionista”.

Se un “Genio della lampada” le chiedesse di esprimere tre desideri da realizzare nella sua professione futura cosa chiederebbe?
Il mio primo desiderio sarebbe sicuramente di continuare a lavorare ancora per tantissimi anni, magari aprendo il ristorante dei miei sogni.
Il secondo che lo stato riconosca la nostra professione giuridicamente.
Il terzo è attinente al secondo desiderio. Mi auguro che tutti i ragazzi che studiano da cuoco e si diplomano alla scuola alberghiera, finalmente possano trovare il proprio posto di lavoro, invece di essere scavalcati da un cuoco “improvvisato”.

Ennio Baccianella

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