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A Milano ”Non c’è sushi senza Gavi”

A Milano ”Non c’è sushi senza Gavi”

Qui a Milano se domandi ad un ragazzo, o ad un qualsiasi negoziante del centro, se sia facile trovare un locale che serva un buon sushi, ti risponderà che ormai sono diffusi come le pizzerie. Forse è un’esagerazione, ma di certo con il pesce crudo giapponese hai ormai l’imbarazzo della scelta. E se oltre al sushi uno volesse sperimentare un matrimonio giapponese-italiano col vino giusto?

Questa sera ci provo io col Gavi, ospite piemontese dell’evento del 21 Maggio “Non c’è sushi senza Gavi”, nel centralissimo corso Magenta presso il ristorante “Zero Contemporary Food”. Il Consorzio del Gavi e l’AIRG (Associazione Italiana Ristoratori Giapponesi) propongono cinque abbinamenti tra pesce, carne e Cortese di Gavi, nelle tipologie annata 2014, Spumante, Invecchiato e Riserva.

Si può dire che questo bianco nobile nasce in Piemonte ma non proprio, nel senso che ha un’identità di confine tra colline e montagne, con vista sul mare. Infatti il territorio del Gavi, con i suoi undici comuni, dista poche decine di chilometri dalle spiagge ma allo stesso tempo è vicino all’ Appennino Ligure.

DOC dal 1974 e DOCG dal 1998, nel 2014 è arrivato sui mercati con 13.600.000 milioni di bottiglie, destinate per l’80% all’estero e in particolare a Germania, Inghilterra, Russia, Stati Uniti e Giappone.

Chiedo a Davide Ferrarese, l’agronomo del Consorzio, di raccontarci l’abc del Gavi.
E’ un vino che si presenta in cinque varietà, a partire dal bianco fermo, che rappresenta la maggior parte della produzione; poi abbiamo il Frizzante, lo Spumante, la Riserva e la Riserva Spumante metodo classico. Il vitigno in realtà si chiama Cortese, ma si è imposta la denominazione “Gavi” per legare meglio il vino alla geografia delle sue terre d’origine. Giallo paglierino con riflessi dorati, ha una storia di quasi mille anni e porta con sé aromi di grande delicatezza, come vaniglia e miele d’acacia. Un’esplorazione attenta rivela anche mandorla dolce e pesca. E’ un bianco che invecchia magnificamente: la Riserva, infatti, perde qualcosa in freschezza ma guadagna in sapidità e pienezza al palato, oltre ad una nota minerale più accentuata al passare degli anni. Il Consorzio sta cercando di puntare sull’invecchiamento, che alla fine ci regala un prodotto più complesso e strutturato.

gavi e nigiri

Quali sono gli abbinamenti migliori per il Gavi?
Dato che con le cinque tipologie andiamo dal fresco al rotondo/pieno, per arrivare fino al sapido/maturo, è ben ampia la gamma delle pietanze che possono andarci di conserva. Ricordiamoci che le terre del Gavi sono storicamente legate alla Repubblica di Genova, e quindi anche alla sua cucina di pesce; ciò detto, l’accoppiamento con carni magre e verdure è altrettanto stimolante. Basti pensare che la pasta ripiena più conosciuta del territorio, il celebre raviolo gaviese, è preparata con carni bovine e suine, uova, formaggio, borragine e scarola: sembra fatta apposta per esaltare la versatilità del nostro Cortese.

Mi domando se il sushi si presti altrettanto bene ad accompagnare la nobiltà di questo vino, detto il “Barolo dei bianchi”. Così lo chiamano i nostri amici piemontesi, data la complessità e la predisposizione all’invecchiamento.

sushiCe ne parla Annalena De Bortoli, presente alla serata in rappresentanza dell’AIRG.
Il parallelo tra cucina giapponese e italiana poggia su solide basi: entrambe le culture, ad esempio, si concentrano sulla selezione maniacale delle materie prime, da cui partire per esprimere idee gastronomiche semplici ed efficaci. In Occidente il sushi è diventato famoso, e giustamente, nel giro di pochi anni, ma bisognerebbe sperimentare la raffinatezza delle altre proposte classiche che i maestri nipponici possono e sanno offrire. Quanto al vino, in Giappone è stato introdotto di recente, diciamo dopo la seconda guerra mondiale, anche grazie all’intensa e sapiente azione di marketing dei viticoltori francesi. Dato che fino a ieri il sushi si accompagnava al tè e alla birra (ma non si disdegnava il whisky), oggi si vede bene come la sinergia con i grandi bianchi della scuola italiana sia più che promettente: da questo punto di vista, c’è tutto un mondo da scoprire sia in Italia sia in Giappone.

Credo che più delle parole conta la sperimentazione sul campo e così mi faccio attrarre subito dallo spumante metodo classico, da vivere in compagnia dei nigiri di tonno, salmone e anguilla. Almeno due sono grassi, nella misura in cui un pesce può esserlo. La boccata fresca dello spumante, che vira lieve sull’acido nel sottofondo, sembra fatta apposta per sciogliere la nota morbida e patinata del crudo (appena scottato, nel caso dell’anguilla). Un soggetto non sovrasta l’altro, come accade solo nei fidanzamenti ben riusciti.

gaviIl gusto tendente al semidolce del nigiri di gambero, come pure la consistenza amabile del calamaro, sembrano a loro agio insieme a un Gavi 2013, il cosiddetto “invecchiato”, che si propone con una sapidità minerale più pronunciata, un po’ a scapito della densità delle fragranze: ma è pur vero che queste mutano, non spariscono, nella misura in cui al floreale si aggiunge la frutta matura, la prugna, la nespola.

L’esperimento è finito ma i ricordi non svaniranno nella notte, questo è certo. Rimarrà come minimo l’immagine dell’etichetta istituzionale scelta dal Consorzio Tutela del Gavi per il 2015, un paesaggio gaviese dipinto dal pittore nipponico Shuhei Matsuyama. L’idea di Shin-on, il “grido dal cuore”, presentato questa sera dall’artista, a lungo mi riporterà alla mente che si possono accostare esperienze enogastronomiche diverse e distanti. Si può fare, a condizione di partire da un’ispirazione ben radicata in un territorio o in una cultura millenaria. E se il terreno in cui radicarsi è l’Italia, ovvero il Giappone, sai bene che hai di fronte una fertilità straordinaria.

Guido Gabaldi

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