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Il grande Porto. Quando l’identità del vino passa attraverso la sua storia (prima parte)

Il grande Porto. Quando l’identità del  vino passa attraverso la sua storia (prima parte)

Scavo nella memoria alla ricerca di una tra quelle parole conservate in naftalina per le grandi occasioni. Il mio archivio deve essere però troppo piccolo oppure troppo grande perché non riesco a trovarne una che colga l’essenza del vino che ho davanti. Oppure il timore è di cadere nel gossip che spesso aleggia attorno alle grandi bottiglie, un chiacchiericcio confezionato più per ossequio che per riscontri oggettivi. Confesso tuttavia di avere un debole per questo vino da sempre, per la sua storia, per la sua anima così mediterranea e ridurlo a ludico racconto sarebbe grave mancanza. “Oh sogno-pigiato vino-anima” gioiva Pessoa, ed io ne condivido l’incanto.

Quanti di noi lo hanno conosciuto come una invenzione degli inglesi? Quasi tutti. A questi va riconosciuto più di qualche merito, ma il vino resta espressione di una Valle impervia ed inospitale, modellata dallo scorrere del Douro ed addomesticata attraverso spettacolari terrazze tanto da essere oggi tra i tesori che l’umanità protegge ed ammira. Nonostante sia possibile ricondurre le radici vitivinicole a qualche secolo prima della venuta di Cristo e che i Romani abbiano coltivato la vite su queste terre per più di 500 anni, il vino acquista importanza solo nel Medioevo, tempo in cui il paese inizia a muovere i primi passi verso la conquista di una propria identità. I “tinto do Portugal” erano già nel 1143 tra i prodotti più esportati del Portogallo. Leggeri, aciduli, astringenti, a volte instabili, provenienti dalla vicina valle del Minho, umida e mite in cui la vite veniva allevata ad alberata senza mai giungere a maturazione, sono lontani dai vini odierni e soprattutto dal Porto che conosciamo oggi.

Non v’è dubbio alcuno che i benefici maggiori alla notorietà del vino e all’economia portoghese arrivano con la crisi politica tra Francia e Inghilterra. La Guerra dei Cent’anni, che segnò la storia di tutta l’Europa Medioevale, era già iniziata e nel 1368 arriva il primo di una serie di accordi commerciali diluiti nei secoli a venire tra Gran Bretagna e Portogallo, il Trattato di Windsor, con il quale si riconobbero diritti di stazionamento e commercio nei reciproci territori tanto da convincere molti mercanti inglesi e scozzesi a stabilirsi in Portogallo ed avviare fiorenti commerci. A guerra conclusa le rivalità franco-anglosassoni erano tutt’altro che cessate e la guerra continuò su altri fronti a beneficio ancora una volta dei nuovi alleati, così nel 1654 altri accordi furono buona novella di crescita per il Portogallo, attraverso il riconoscimento di privilegi e dazi preferenziali sulle merci esportate verso l’Inghilterra. A quel tempo nodo nevralgico di tanto commerciare non era la città di Porto o Oporto, come si usava chiamarla, ma una cittadina sulla costa settentrionale, Viana do Castelo, posizionata sull’ampio estuario del fiume Lima che la rendeva un porto naturale più sicuro. Lane, tessuti, baccalà arrivavano con le navi inglesi che ripartivano colme di olio e vino.

Traffico nautico in OportoLa vera svolta arriva però solo nel 1667 quando il primo ministro del re di Francia Luigi XIV, Colbert, adotta misure volta più che a limitare a nuocere i commerci inglesi con la Francia aumentando i dazi sui vini francesi e costringendo gli operatori anglosassoni ad andare alla ricerca di nuove fonti di approvvigionamento. Restava tuttavia un ostacolo da rimuovere al successo definitivo dei vini portoghesi. Questi erano aciduli e non soddisfacevano appieno il palato inglese abituato ai claret e alle bollicine fatte in Francia, di struttura e dal sapore dolciastro, tanto che i mercanti di Viana do Castelo si spinsero all’interno della regione del Douro giungendo fino all’attuale Douro Superior il cui clima arido e caldo e la protezione delle montagne di Marao costituivano condizioni ideali per la perfetta maturazione delle uve che cresce sui pendii rocciosi. La lunga distanza ed il terreno accidentato e montagnoso non consentivano il trasporto a Viana do Castelo per cui il vino prendeva la via del fiume fino alla città di Porto e da qui imbarcato per l’Inghilterra. E fu così che questi vini, anche se provenienti da 80 km più all’interno, passano alla storia con il nome di “vini di Porto”. Le prime esportazioni con questa denominazione risalgono al 1678.

Ed arriviamo al tratto più conosciuto della storia, cioè quello della pratica dei mercanti di aggiungere piccole quantità di alcol ai vini durante la lunga traversata per aumentarne il titolo alcolometrico ed evitare che si guastassero.

Il trattato di metheunAltra data, altro accordo. 1703, Trattato di Mathuen. Con esso il governo inglese decurta i diritti per i vini portoghesi di un terzo rispetto agli altri vini concorrenti. I red Port nel frattempo avevano conquistato gli inglesi aprendo la strada a lunghi anni di prosperità funestati ad un certo punto da speculazioni e pratiche commerciali fraudolente, da una produzione di scarsa qualità in zone non meglio definite, dall’uso di bacche di sambuco per aumentare colore e migliorare l’aspetto dei vini e da un calo delle esportazioni legato ad un eccesso di produzione.

Il Marchese di PombalTutto questo pose le basi a serie riflessioni e a provvedimenti drastici che arrivarono poco più tardi nel 1756 quando il marchese di Pombal, Primo Ministro portoghese, intervenne a ripristinare l’ordine con l’introduzione di misure di controllo statali sulla produzione e commercializzazione del vino del Douro attraverso l’istituzione della Companhia Geral da Agricoltura das Vinhas do Alto Douro (più tardi Real Comanhia o Comanhia Velha) che deteneva il monopolio del commercio del vino con Inghilterra e Brasile. Nello stesso anno si delimita una sorta di prima Denominazione di Origine del vino di Porto, in realtà la prima in assoluto dell’intera storia classica della viticoltura del vecchio mondo, i cui confini furono delimitati da 335 blocchi di pietra dette “Pombaline” ognuna corrispondente al nome di una Quinta che produceva vini di alta qualità a cui seguì, nel 1757, una prima classificazione delle vigne di Porto (un secolo prima di quella più nota del Bordeaux) e la nascita del primo registro dei vigneti o Cadasto.

I vini migliori, i vini fini, erano classificati come “vinhos de Feitoria” ed erano gli unici per i quali si poteva chiedere il permesso ad essere esportati e ad un prezzo anche più elevato. Quelli di qualità modesta furono classificati come “vinhos bouquet” e destinati solo al mercato interno. Le misure introdotte, in un primo momento impopolari, contribuirono al miglioramento della qualità del vino e della viticoltura del Douro aprendo le porte ad una nuova era di prosperità e ponendo le basi per l’attuale legislazione vitivinicola della regione. Ma fu solo con la seconda metà del XVII secolo che fu compiuta la volata decisiva della storia del vino Porto. Tra gli eventi più importati sicuramente è da segnalare la pratica enologica della fortificazione con alcol prima della fermentazione che porta a vini più dolci, più forti, più aromatici e di appeal per il consumatore, anche se questa non venne accolta da tutti subito – il più acerrimo tra i nemici fu il Barone Forrester, autore della prima mappa dettagliata della Valle del Douro, tragicamente e (per alcuni) provvidenzialmente scomparso in un tragico incidente proprio sul fiume Douro- e soprattutto divenne più comune con il progredire del tempo ed universale solo verso la prima metà del XVIII secolo, nel 1840 ad essere precisi.

La grande abbondanza di questi anni non porta con sé solo profitto ma anche alcune importanti scoperte quali il potenziale di invecchiamento delle scorte del vino che farà la sua fortuna in un futuro non molto lontano. A fare da corollario a questo nuovo aspetto arriva il cambiamento della forma della bottiglia da usare per il lungo affinamento. Che sia stato uno la conseguenza dell’altro? Inizialmente la forma richiamava quella detta a pulcinella, piccola e piatta, che serviva solo per portare il vino in tavola spillato dalla botte. Nel corso degli anni con il miglioramento delle tecniche di produzione le bottiglie sono diventate più sottili, più alte e con un collo più lungo, permettendo al vino di poter essere conservato orizzontalmente per l’invecchiamento. Con l’innovazione poi il vetro divenne migliore e meno costoso rendendo concreta e più semplice la nascita dei Porto Vintage. Secondo alcuni storici il primo Porto Vintage è stato prodotto nel 1775, dieci anni prima della prima annata di Chateau Lafitte in Bordeaux nel 1787.

(Leggi la seconda parte dell’articolo cliccando QUI)

Pia Martino

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