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La sinergia tra chef e aziende alimentari è una risorsa indispensabile

La sinergia tra chef e aziende alimentari è una risorsa indispensabile

Ogni azienda alimentare, più o meno grande, ha un gruppo di collaboratori fidati e professionalmente preparati.

All’interno dello staff “Ricerca e Sviluppo” si annoverano ingegneri, tecnologi, chef, addetti al marketing, designer e consulenti esterni, i quali si occupano di monitorare e formare il personale per HACCP, sicurezza sul lavoro e primo soccorso.

Creare sinergia tra queste diverse figure è fattibile qualora lo scopo aziendale è comune a tutti i componenti, mantenendo ognuno il proprio ruolo di competenza: esperienza e capacità per ottenere risultati appetibili al mercato.

L’industria alimentare italiana si caratterizza per l’elevata qualità dei prodotti, frutto della sapiente miscela tra materie prime, lavorate secondo metodi di preparazioni regionali tradizionali e tecnologie inimitabili, con processi di produzione consolidati nel tempo.

La ristorazione rappresenta, d’altro lato, l’espressione pratica di valore e d’eccellenza del sistema alimentare della nostra penisola, caratterizzata dall’estrema cura nella selezione e lavorazione degli ingredienti i quali rendono la cucina italiana unica nel panorama internazionale.

Anche i designer hanno un ruolo chiave nel marketing estetico: per creare prodotti che soddisfino le esigenze del pubblico sotto tutti i punti di vista, è necessario che i designer si occupino della parte riguardante la forma e la funzione (rapporti visivo/ tattili, composizione ed ergonomia) in stretta collaborazione con gli chef i quali svilupperanno maggiormente la parte relativa a olfatto e gusto.

Abbiamo diverse opzioni per cui chef e azienda possano convivere insieme:

  • pubblicitaria/commerciale: è la classica collaborazione per spot televisivi di chef famosi proiettata a divulgare un singolo prodotto o l’immagine di un territorio specifico;
  • lo chef rappresenta l’azienda e viceversa: questo tipo di sponsorizzazione è utilizzata prevalentemente da grandi società in franchising o industrie di alimenti conservati o surgelati;
  • formazione aziendale: una figura professionale di cucina, pasticceria o panificazione il quale esegue una consulenza di formazione al personale all’interno della struttura stessa.
    Aggiornamenti di nuovi processi produttivi, attrezzature moderne, ricette innovative e marketing aziendale; modifiche di preparazioni in relazione al cambiamento di ingredienti in base a norme vigenti igienico-sanitarie, sistemi di assemblaggio e rapporto qualità-prezzo;
  • semilavorati: solo un addetto ai lavori come lo chef può determinare i dettagli tecnici e pratici di un alimento. Ad esempio, il taglio, la dimensione, la cottura (se prevista), sono alcune nozioni-suggerimenti che si verificano nei laboratori di cucina dove opera il cuoco, artefice di interagire tra fattibilità industriale e gastronomica.
    Alcune aziende italiane, dopo il supporto di alcuni chef, hanno migliorato nettamente sia il prodotto erogato in commercio sia il fatturato complessivo; stessa cosa vale per i prodotti ittici, i quali, dopo l’intervento di operatori del settore qualificati, hanno diversificato le loro proposte, rendendole più semplici e veloci all’utilizzo.
    Un prodotto in IQF è di grande utilità per il personale di cucina: è stata un ottima intuizione, un compromesso tra velocità di esecuzione, risparmio di tempo per lo scongelamento e annullamento degli sprechi in cucina. Questo metodo è entrato prima nei settori professionali, poi nella grande distribuzione fino alle nostre tavole.

Consapevole delle diverse metodologie usate nell’industria, il cuoco è altrettanto predisposto alle modifiche degli ingredienti stessi comunemente impiegati in cucina:

  • i pastifici usano uova pastorizzate in brick o liofilizzate con o senza aggiunta di acqua;
  • il latte è prevalentemente liofilizzato: i produttori industriali di dolciumi sono costretti ad impiegarlo per ragioni di ossidazione e conservabilità.

La difficoltà maggiore è far comprendere allo chef le lavorazioni ed i passaggi obbligatori che un azienda alimentare deve rispettare ai quali non può sottrarsi od ovviare in alcuna maniera; rimane una considerevole percentuale ove è concesso al cuoco apportare modifiche, al fine di valorizzare maggiormente gusto, consistenza e cromaticità del prodotto.

Il brodo, il classico “dado”, è uno dei preparati industriali più usati in cucina: viene commercializzato in pasta, consistente e compatta, in polvere, liofilizzato granulare.

Può essere sia vegetale, che di carne o pesce; negli ultimi anni i brodi sono composti senza glutine né lattosio ed addensanti naturali per far fronte anche alle intolleranze alimentari.

La maionese può essere riprodotta in cucina come in un laboratorio industriale: la differenza non è tanto nel gusto ma nella consistenza e conservabilità della salsa, nettamente più deperibile quella “fatta in casa”.

L’impiego di vino o altre bevande confezionate, è di largo consumo in cucina per flambare cibi prevalentemente di carne o marinare pesci o aromatizzare insaccati o formaggi.

Anche la pasticceria usa liquidi di provenienza industriale come ad esempio latte e latticini in genere, alcolici, per citarne solo alcuni.

Lo chef ha il difficile compito di trasformare, secondo la sua creatività e capacità, ma allo stesso tempo lasciare intatto le proprietà organolettiche del prodotto proveniente dall’industria.

Prendiamo in esame la panna cotta, una preparazione apparentemente molto semplice e banale la quale invece richiede molta conoscenza e rispetto della materia prima.

Il valore del dolce è la panna fresca che, erroneamente la maggior parte degli pastry-chef, scaldano interamente con gelatina in fogli precedentemente ammollata in acqua fredda, comunemente chiamata “colla di pesce”.

Partendo dal latte freddo, e agar-agar, portare ad ebollizione il latte poi aggiungiamo per ultimo la panna liquida fresca, a freddo, senza riportare il composto sul fuoco.

In tal modo, avremmo valorizzato e lasciato integro l’ingrediente principale addizionandolo “ a crudo”, senza surriscaldarlo.

Questo è un esempio di perfetta sinergia professionale tra chef e azienda alimentare.

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