La “Oryza glaberrima” e la “Oryza sativa” di origini asiatiche, sono le due specie di piante annuali appartenenti alla famiglia delle Gramineae, da cui si produce il riso (cariosside).
La prima è coltivata unicamente in Africa, mentre la produzione della seconda si estende su circa il 95% della superficie mondiale, compresa l’Italia.
Della Orizya sativa ne esistono tre sottospecie: la “Indica”, tipica dei climi tropicali, dall’alto valore di mercato e con una produttività media, coltivata in India, Cina Meridionale, Filippine, USA meridionale e Italia; la “Japonica”, tipica dei climi temperati, con una produttività alta, ma con basso valore di mercato e coltivata in Giappone, Corea, Cina settentrionale, Brasile, USA, Egitto e particolarmente diffusa in Italia; la “Javanica”, di minore importanza e poco diffusa.
Le tipiche varietà sono le seguenti:
i chicchi decisamente consistenti e assicura perdite minime durante la cottura, garantendo nel contempo una buona capacità di assorbimento. Per le sue qualità è ormai considerato da chef ed appassionati il “re dei risi”. Ideale per i risotti più raffinati, ma anche per le insalate di riso e tutte le preparazioni dell’alta gastronomia anche per il bell’aspetto dei chicchi.
presenta un corpo piccolo e tondeggiante, molto ricco di amilosio. È ideale per le preparazioni di grande cucina, in alternativa al Carnaroli. Ha una particolare capacità di legarsi a zucche, lumache e selvaggina
Al di là delle innumerevoli ricette che si trovano in tutti i testi di cucina, è utile ricordare che:
il riso deve essere sempre in ottimo stato di conservazione; il riso utilizzato deve essere sempre di una sola varietà, non mescolate varietà differenti in cottura (avrete tempi di cottura e rese diverse); la quantità di riso necessaria per ogni persona è di circa g 50/70, indicativamente due manciate di riso a testa, ricordate che le minestre richiedono meno riso (g 50), i risotti ne richiedono di più (g 70); la quantità d’acqua necessaria deve essere sempre tre volte la quantità di riso (ad esempio g 100 di riso richiedono cl 300 d’acqua); la pentola deve essere larga con bordi non troppo alti per consentire una migliore evaporazione. Il riso si cuoce a pentola scoperta. Se utilizzate il vino ricordatevi che va fatto completamente evaporare per lasciare nella pentola solo le sfumature del suo sapore;
il tempo di cottura del riso varia in funzione della varietà utilizzata e dalle difficoltà di preparazione, i tempi indicati sulle confezioni si riferiscono di solito a cotture di riso bollito e sono molto indicative. Ognuno di noi ha una sua preferenza, alcuni lo vogliono al dente, altri molto cotto e morbido. Il sistema migliore è quello di lasciarlo cuocere per non meno di 12 minuti e poi cominciare ad assaggiarlo e proseguire la cottura in funzione della durezza o morbidezza desiderata. Il riso va trattato con dolcezza e mescolato con posate di legno; il liquido (acqua o brodo) va aggiunto sempre ben caldo ed i chicchi di riso devono essere coperti di liquido in maniera uniforme.
Fonte: www.consorziotutelariso.it