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Tipico e pregiato il vino Soave va verso un cambiamento

Tipico e pregiato il vino Soave va verso un cambiamento

Che il vino Soave sia uno di quelle meraviglie italiane ad essere, meglio di altre, integrate con il substrato produttivo, storico e sociale della sua zona di produzione fino a diventarne fedelissimo interprete, qualcuno di noi già lo sapeva da un pezzo senza che fosse un giornalista americano – Bruce Sanderson – per quanto illustre sia la testata che firma – Wine Spectator – a ricordarcelo…o forse si? Opera di divulgazione fuori dai confini che ben onora i produttori in ogni caso.

Dagli Svevi – “Suaves” – prende il nome; dai Romani la continuazione di un sistema agricolo – “pagus” – già produttivo, avvantaggiato dalla buona posizione e dall’intensità delle coltivazioni.

Al rigido e austero Medioevo va il consolidamento dell’importanza riservata all’agricoltura il cui radicamento alla zona è ricordato ancora oggi da una lapide muraria sotto il poggiolo del Palazzo di Giustizia di Soave, dove si legge «Io, casa amica del diritto, sono stata eretta quindici lustri dopo gli anni mille e trecento… quando i paesani pigiano con i piedi le uve».

Una simbiosi perfetta di ambiente e territorio ad est della provincia di Verona e confinante con la vicina Vicenza, terra generosa di dolci colline e suoli vulcanici che ne fanno uno dei comprensori vitivinicoli più attivi del Veneto e sinonimo di grandi vini bianchi di qualità in Italia. Già nel 1931 il Soave veniva riconosciuto come vino “tipico e pregiato”, tutela ed identità vennero quindi ribaditi definitivamente con il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata nel 1968.

Nel 1998 arriva  la DOCG per il Recioto di Soave alla quale si affianca nel 2001 la DOCG per il Soave Superiore. Un territorio diviso tra la zona Classica di più antica coltivazione, suddivisa a sua volta in 39 Cru, e la zona allargata della Doc e limitrofe in cui opera attivamente e con profitto, oltre alle piccole aziende, la compagine cooperativa, infatti il 90% della produzione è in mano proprio alle Cantine Sociali.

La coltivazione è fortemente specializzata: Garganega e Trebbiano di Soave sono le uniche colture allevate con i tradizionali sistemi… oltre a qualche fortunato outsider che fa da compendio.

garganegaUn reticolo vitato, fortemente parcellizzato, che funziona da valvola di sicurezza sociale e diffusa prosperità. Nella zona Classica  i 1500 ettari sono ancora concentrati entro i singoli confini proprietari risalenti alle mappe napoleoniche; anche i restanti 7000 della zona allargata sono vittima di questa forte parcellizzazione strascico della eredità latifondista e divisioni familiari. Elemento fondante e comune è il reddito che questi piccoli appezzamenti garantiscono: 8500 euro all’anno di media per ettaro e dai 200 ai 300 mila euro il valore immobiliare per ettaro… quotazione solo virtuale poiché le transazioni sono pressoché inesistenti e il poco che passa di mano si misura in metri. Non solo un vino allora ma un sistema produttivo consolidato nei secoli che ad oggi si mantiene saldo grazie alla tenuta dei prezzi e dei mercati, facendo perno sulla specificità produttiva,  flessibilità e coerenza espressiva, costanza nella redditività e nella distribuzione fondiaria; un sistema che oggi, in risposta alla crisi globale, affila le unghie per rendersi ancora più competitivo.

Un sistema che appare lineare ma che in realtà nasconde una grande complessità la cui buona gestione evidenzia maggiormente il merito degli addetti ai lavori. Quando parliamo di Soave nel mondo reale le tipologie di vino che conosciamo sono: Superiore, Soave Classico e Soave Doc. In realtà lo spettro della piramide di qualità, cui la teoria ci ha abituati quale discriminante metodo di scelta, è ben diversa: Superiore DOCG con le sottozone Superiore Riserva e Superiore Classico Riserva, oltre al Recioto di Soave DOCG e Recioto Classico DOCG; il Classico Soave DOC che rappresenta il livello intermedio, affiancato da Colli Scaligeri DOC; c’è poi un tipologia un po’ a se stante che è il Soave Spumante DOC e alla base il fermo Soave DOC.

Oltre 80 milioni di bottiglie prodotte nell’anno 2012 (a totale delle varie tipologie) per un ricavo di quasi 150 milioni di euro (franco cantina) la cui fetta più grande spetta alla tipologia Soave DOC. Ma per mantenere costante  proprio la quota dei mercati già acquisiti e accaparrarsene dei nuovi, c’è chi prospetta nuove strategie. La voce grossa all’interno del Consorzio arriva da chi fa i numeri e cioè i produttori del vino DOC. I pro e i contro di una sentita esigenza di  un cambiamento delle regole, una discussione in cui chi ha più muscoli da mostrare sventola una possibile rinuncia alla “vetta garantita” contrariamente alle logiche tendenze, poco usata per via dei vincoli normativi e di difficile comunicazione.

uvagarganegaLa prospettiva è quella non di attenuare i vantaggi che faticosamente le singole imprese della DOCG hanno raggiunto nel tempo -e che a gran voce rivendicano- ma di fare in modo che tutti possano beneficiare del rilancio collettivo dell’intera denominazione derivante dal passo indietro.

Cosa succederà sarà tutto da vedere, ma tutti sono concordi a snellire l’immagine del vino pur mantenendo e valorizzando la sua storicità. Considerando la situazione immobiliare che non permette una crescita nei numeri – oggi al massimo storico –  bisogna accrescerne il valore attraverso iniziative sinergiche che, come hanno fatto negli ultimi dieci anni le Cantine Sociali, ridisegnino il mondo vinicolo del Soave vissuto forse per troppo tempo all’ombra di Bardolino e Valpolicella.

Pia Martino

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